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Argomenti: STORIA ♦ PERSONAGGI CELEBRI ♦ MUSEI ♦ CHIESE ♦ MONUMENTI
La città di Urbino (m.485, ab. 15.000) ha origini antichissime.
Compresa tra il bacino del fiume Foglia a nord-ovest e quello del fiume Metauro a sud-est, il territorio di urbinate è situato in un’area ortograficamente complessa.
Fu abitata dagli Umbri seguiti dagli Etruschi e dai Galli Senoni.
La presenza di Roma nel territorio di Urbino viene collocata in relazione alla colonizzazione delle zone transappenniniche e altoadriatiche (battaglia del Sentino – Sassoferrato 295 a.C.- in cui i Piceni alleati con i Romani sconfissero i Galli Senoni )
Con la fondazione della colonia di Ariminum (268°.C.), la costruzione della via flaminia (intorno al 220°.C.) e la fondazione della colonia di Pisaurum (184°.C.), Urbino viene a trovarsi in una buona posizione per quanto riguarda il commercio e le comunicazioni.
Urbinum metaurense (della XXII tribù Stellatine di Roma) divenne municipio Romano di importanza strategica nel 46°a.C. per effetto della Lex Julia Municipalis.
Urbino romana era adagiata sulla sommità del colle meridionale, nel sito di un antico insediamento, sede delle attuali via Veneto, Piazza Rinascimento, e la parte alta di V.Saffi.
Il Museo lapidario della città con il suo materiale epigrafico fornisce notizie ed informazioni sull’organizzazione politica della città.
Le mura romane sono state edificate quasi sicuramente tra la fine del III e il secondo secolo a.C,
e seguivano il “ciglio tattico” racchiudendo il pianoro leggermente degradante verso Porta Maia.
Da Sud a nord il pianoro era attraversato dalla via principale, il cardo.
I decumani erano due, quello di Porta Posterla e quello di Porta Occidentale.
La città era divisa in 4 parti di differenti dimensioni.
Il Teatro (primo secolo d.C.) è localizzato nelle vicinanze del decumano di Porta Posterla .
Sullo stesso versante, poco distante dal teatro era stata collocata la cisterna.
L’unica via d’accesso alla città di Urbino – Porta Maia – proveniva da settentrione.
In epoca carolingia la città di Urbino (VIII, IX) passò sotto il controllo della chiesa assieme a tutto il Montefeltro.
L’introduzione del sistema Feudale, anche nelle grandi proprietà ecclesiastiche, produsse cambiamenti a livello politico,sociale ed economico.
Le terre comprese nelle aree fuori le mura erano tutte di proprietà della Chiesa, dalla quale venivano concesse in affitto ai laici (vassallaggio) con lo scopo di allargare la città.
Per gestire la pubblica amministrazione dell’intero territorio si avvalse della collaborazione dei laici (per lo più membri appartenenti alle maggiori famiglie della città: “Consiglio degli ottimati”).
I Benedettini costruirono tra il IV e il XIII sec. vari monasteri che distavano circa 10 Km l’uno dall’altro.
Durante il X sec.(soprattutto negli ultimi anni) si verificò, a causa di continue crisi in seno alla Curia Romana, che le famiglie più forti della città si emancipassero dal potere della Chiesa e dessero vita in modo graduale al nuovo potere comunale.
Tra la fine del XI sec. e durante il XII ci fu uno sviluppo della città verso nord: da Porta Maia fino alla sommità del secondo colle.
Durante il XII sec. venne costruita una nuova cinta muraria che collegava la città romana con il crinale settentrionale.
Le mura della città vennero più volte abbattute e riedificate .
L’avvento del Comune determinò gravi conflitti con la feudalità agraria(XII e XIII sec.).
A volte l’atto di sottomissione imponeva al feudatario rigide condizioni.
La città medioevale è stata creata dal governo comunale in due tempi:dalla formazione del Comune ai primi anni del Duecento; dall’investitura dei Montefeltro nel 1234 alla presa del potere di Antonio da Montefeltro nel 1375.
La Chiesa non approvò la concessione fatta dall’Imperatore Federico II ai Montefeltro:
Innocenzo IV privò il conte Taddeo da Montefeltro di tutti i privilegi ricevuti dall’imperatore.
Di conseguenza aumentarono le divergenze tra la parte Guelfa e la parte Ghibellina.
Dal 1283 al 1323 Urbino passò da una fazione all’altra subendo tragici eventi militari che portarono a distruzioni ed atti di ferocia.
Nel 1384 la città di Gubbio fu annessa al territorio di Urbino.
Lo Stato di Urbino comprendeva Urbino, Gubbio, Cagli,il Montefeltro.
Il nuovo Stato ebbe una funzione di cuscinetto e contribuì a mantenere un equilibrio relativamente stabile nella zona di confine tra Marche e Romagna.
Il Papa Bonofacio IX nel 1390 concesse al conte Antonio l’investitura di tutte le terre a lui sottomesse.
Lo Stato di Urbino si estendeva per circa 2000 Km. Attraverso l’Appennino umbro-marchigiano.
L’economia era prevalentemente agricola.
Urbino era il centro del commercio di tutto il territorio in cui erano presenti anche numerose attività artigianali.
Il rinnovo della struttura pubblica iniziò nel 1396 con le leggi Statutarie emanate dal Conte Antonio (Costitutiones appellationun): i principali poteri furono riservati al Principe; il Podestà era nominato dal Principato, i priori erano eletti dal popolo.
Nel 1404 successe Guidantonio che rimase alla guida dello Stato fino al 1444 in cui fu proclamato Signore della città il Conte Federico da Montefeltro.
Federico durante il suo lungo regno (1444-1482) sposta la funzione politica dello Stato di Urbino al centro del complesso sistema degli Stati Italiani .
Federico con il suo ben addestrato esercito, al soldo delle signorie più potenti dell’epoca, procurò al piccolo Stato di Urbino fama e ricchezza, tanto da commissionare la costruzione del Palazzo Ducale che oggi possiamo visitare ed osservarne le meraviglie strutturali, architettoniche ed ingegneristiche.
La sede di Urbino all’epoca di Federico divenne la capitale di uno Stato e la sede di una corte di fama ed importanza mondiale.
L’erede di Federico ,Guidobaldo, nato nel 1472 dopo 6 femmine, successe al padre nel 1482 e morì nel 1508 senza lasciare figli.
Il ducato passò al cognato Francesco Maria della Rovere, nipote del Papa Giulio II, poi ai suoi discendenti: Guidubaldo II, Francesco Maria II fino al 1631.
Dopo la morte di Francesco Maria II della Rovere il ducato venne devoluto alla S.Sede e trasformato in legazione.
Il Cardinale Antonio Barberini, fratello del Papa Urbano VIII prese possesso della città il 10 luglio 1631.
In questo secolo Urbino non lascia traccia nella scena politica ed economica italiana e tanto meno europeo.
Nel 1700 venne eletto papa Francesco Albani (Clemente XI), nato in Urbino.
Nella prima metà del secolo furono promosse opere di rinnovamento civile ed edilizio che conferiscono al centro storico della città quell’assetto architettonico che ancora oggi caratterizza la città. Sotto la guida dei successori di Clemente XI si affronta con maggior decisione la riforma delle norme relative alla politica e all’economia della città .con lo scopo di alleggerire l’impianto commerciale. Vennero aboliti i dazi ed i pedaggi. I lavori nel settore edilizio furono affidati all’architetto Urbinate Giuseppe Tosi. L’ultimo intervento edilizio del secolo riguarda il duomo che fu consacrato nel 1801 dopo che l’esercito di Napoleone ebbe occupato le Marche.
Con la conquista francese del territorio si diffusero rapidamente le idee anticlericali e antinobiliari.
Nonostante ciò esistevano a livello popolare forti resistenze conservatrici.
Le riforme laiche si successero lungo tutta la prima metà del secolo fino ad attecchire nei ceti agricoli e commerciali.
Nel 1831 si verificarono sommosse contro il governo del papa Gregorio XVII.
Intorno alla metà del secolo la rete stradale della provincia di Urbino era del tutto modificata.
Nel corso dell’ottocento la crisi economica dovuta alla scarsità delle risorse, raggiunge l’apice.
Nel 1860 Urbino fu occupata dalle truppe piemontesi per essere integrata nel regno d’Italia l’anno successivo.
Cominciano i provvedimenti per la sistemazione e gestione moderna del patrimonio del passato.
Il sistema viario strutturato nel 1800 , diventa il supporto nel 1900 per l’espansione delle zone periferiche.
A cura della Prof.ssa Annarita Bossi
FEDERICO DA MONTEFELTRO
Federico nacque a Gubbio il 7 giugno 1422 da una nobildonna e dal conte Guidantonio, figlio del Conte Antonio da Montefeltro, dal quale aveva ereditato la Signoria di Urbino con tutto il territorio del Montefeltro.
Federico era figlio illegittimo, ma, in assenza di eredi legittimi, Guidantonio aveva ottenuto la bolla di legittimazione che permetteva al figlio di vivere a corte e di succedergli con tutti gli onori. Dopo la morte di Rengarda, la prima moglie, Guidantonio sposò in seconde nozze Caterina Colonna, nipote del papa Martino V, la quale appena ottenne la certezza della maternità, pretese che Federico venisse allontanato da Urbino. Guidantonio amava molto Federico, ma si rese conto che era impossibile tenere presso di sč il figlio; lo affidò alle cure di Giovanna Alidosi, Vedova di Bartolomeo Brancaleoni, Signora di S.Angelo in Vado, come promesso sposo di Gentile, figlia sua e di Bartolomeo, unica erede della Signoria di Bocca Trabaria. Federico rimase 8 anni presso Giovanna Alido si che influì positivamente sulla sua educazione ,soprattutto a livello affettivo.
Nel 1433 Guidantonio consegna Federico come ostaggio ad Andrea Dandolo, procuratore veneto garante di pace, che lo trasferisce a Venezia in base agli accordi della pace di Ferrara firmata dal Pontefice Eugenio IV e dal duca di Milano Filippo Maria Visconti, di cui era stato alleato il Montefeltro.
Federico proprio negli anni della sua adolescenza fece una piacevole esperienza tra Venezia e Mantova, presso Gianfranco Gonzaga, dove venne trasferito dopo 15 mesi. Nei due anni di permanenza ebbe la possibilità di seguire assieme ai figli del Gonzaga gli insegnamenti del pedagogo Vittorino da Feltre nella sua “Casa gioiosa”. Federico farà tesoro di quanto appreso che non tralascerà mai di manifestare oltre all’amore per l’arte, per gli storici e i filosofi del passato, un senso di maturità e di equilibrio, tanto da preferire le vie diplomatiche alla Guerra. Durante il soggiorno a Mantova l’Imperatore Sigismondo conferì a Federico l’investitura di cavaliere.
Nel 1436 Federico tornò nella sua piccola Signoria di Massa Trabaria. Nel 1437, all’età di 15 anni, celebrò il Matrimonio con Gentile Brancaleoni di anni 21.
Nel 1427 Caterina Colonna aveva generato l’erede al trono, Oddantonio, l’erede legittimo della Signoria di Urbino.
Dopo la morte di Bernardino Ubaldini, capitano della compagnia di Ventura della Signoria feltresca, Guidantonio, dopo vari contrasti in seno alla famiglia comitale, affidò l’incarico di capitano proprio a Federico, che nel 1438 partì al soldo del Visconti di Milano con molto entusiasmo. D’ora in poi Federico deve unire all’attività di capitano di Ventura quella della difesa di Urbino contro l’eterno nemico Pandolfo Malatesta di Rimini.
Nel 1443 alla morte di Guidantonio, la Signoria di Urbino viene ereditata dall’unico figlio legittimo, Oddantonio, al quale però viene a mancare il danaro delle condotte che tradizionalmente arrivavano al contado. Oddantonio si trova nella condizione di inasprire la pressione fiscale seminando un forte malcontento tra la gente che manifesterà sempre maggior risentimento al nuovo Signore Federico non aveva alcuna intenzione di aiutare il Fratellastro in difficoltà; così facendo però contribuì alla crisi che si rese irreversibile. Il popolo di Urbino dopo un anno e mezzo di regno di Oddantonio era talmente esasperato che la congiura per la sua eliminazione viene agevolata e favorita anche da connivenze presenti a Palazzo nel momento in cui un piccolo gruppo di persone vi entrò con estrema facilità.
Dopo l’eliminazione fisica di Oddantonio, per Federico fu facile ottenere la fiducia dl popolo di Urbino che gli affiderà il Ducato.
I cittadini pretesero dal nuovo Signore il riconoscimento dell’amministrazione comunale autonoma (con entrate fiscali autonome) e il diritto di grazia. Il Signore avrebbe conservato il potere di eleggere il podestà e i suoi ufficiali, di riscuotere la più importante imposta diretta, di legiferare e il controllo militare.
Dopo la metà del 1400 iniziò la più importante opera della sua vita: il Palazzo Ducale.
Con il lungo regno di Federico(1444-1482) la corte dei Montefeltro si colloca al centro dell’intricata politica degli stati italiani. La pace di Lodi, sancita nel 1454, promuove un graduale miglioramento economico che porterà allo sviluppo della nuova cultura “umanistica”.
Federico viene a trovarsi al centro del nuovo gioco politico, diplomatico, militare, essendo alleato degli Aragonesi di Napoli, capitano al servizio del pontefice, e degli Sforza di Milano, gonfaloniere della Chiesa e capitano della Lega italica. Viene insignito nel 1474 dell’ordine della Giarrettiera da Edoardo d’Inghilterra, dell’ordine dell’Ermellino da Ferdinando d’Aragona e del titolo di Duca dal Papa.
I proventi di tali rapporti vengono usati anche per ospitare a corte i migliori talenti del secolo.
Oltre al palazzo ducale varie sono le opere civili, religiose e militari realizzate da Federico. L’architetto che progettò la maggior parte delle opere militari e civili fu Francesco di Giorgio Martini. Nel 1460 viene celebrato il matrimonio con Battista Sforza di 13 anni, figlia di Alessandro , Signore di Pesaro e nipote del Signore di Milano. E’ un matrimonio politico ma ben presto si rivelerà una buona unione. La sposa bambina, crescendo, rivelerà eccellenti doti di equilibrio oltre ad un eccellente livello culturale.
In 12 anni di matrimonio la contessa partorì 6 femmine e solo nel 1472 dette alla luce il tanto sospirato erede, Guidobaldo. Battista sforza morì a Gubbio a 26 anni, il suo corpo fu tumulato nella chiesa di S.Bernardino, voluta da Federico come mausoleo dei Montefeltro.
Gli anni ’59, ’60, ’61, ’62 furono molto redditizi per Federico sia a livello economico che culturale.
Le sue gesta di capitano di ventura continueranno per tutto il decennio ’70-’80 al soldo del papa Sisto lV e del re di Napoli. Inoltre i rapporti tra Federico e i suoi sudditi continueranno sempre nel segno del rispetto e della fiducia reciproca, tradizione ,che permarrà anche con i Della Rovere.
Nel 1479 Federico č impegnato nella campagna di guerra per conto del Papa e di re Ferdinando d’Aragona contro i Medici di Firenze, In cui dà una ulteriore prova di valore vincendo e conquistando terre, cosicché il Magnifico č costretto a recarsi a Napoli per trattare la pace. La trattativa andrà a buon fine anche per merito di Federico.
Nell”80 Federico si prodiga per favorire la ripresa dei rapporti fra il Papa e Lorenzo dei Medici. Inoltre concede in sposa la figlia Costanza al principe Antonello di Sanseverino, appartenente ad una delle famiglie nobili più famose e potenti del Regno di Napoli.
Federico come Capitano supremo della Lega Italica il 23 aprile 1482 parte da Urbino per Ferrara allo scopo di mettere pace tra questa città e Venezia. Nel bel mezzo delle ostilità si diffonde in ambedue gli eserciti un’epidemia di febbri mortali. Si parla di 20.000 vittime tra morti in guerra e morti di febbri. Ai primi di giugno Federico viene colpito da un primo attacco di febbri, al quale ne farà seguito un altro, più grave in Agosto. Costretto a lasciare il campo di guerra, viene ospitato da Ercole d’Este, signore di Ferrara. La morte lo colse il dieci settembre all’età di 60 anni. La salma di Federico venne deposta nella chiesa di S. Bernardino, dove si trova tutt’ora.
A cura della Prof.ssa Annarita Bossi
RAFFAELLO SANZIO
Raffaello, nato in Urbino nel 1483, ebbe i primi insegnamenti dal padre Giovanni Santi, pittore minore della cerchia di Melozzo da Forlì ed autore di una “Cronaca rimata” ricca di notizie sugli artisti della Marche e dell’Umbria alla corte di Piero della Francesca.
Dopo la morte precoce del Padre, Raffaello si reca a lavorare nella bottega del Perugino. Di questo primo periodo fanno parte “Il sogno del cavaliere” (Londra, Galleria nazionale),
“L’incoronazione di S.Nicolò da Tolentino” (Milano- Brera)
Nel 1504 dipinge “Lo sposalizio della Vergine”(Milano-Brera) dove ripete lo schema compositivo della “Consegna delle chiavi” del Perugino.
“Ritratto di Gentildonna”, la cosiddetta “Muta” che si trova nel Palazzo ducale, dovrebbe identificarsi con Giovanna Feltria della Rovere, figlia di Federico da Montefeltro e Madre di Francesco Maria, futuro Duca di Urbino
Dal 1504 al 1508 Raffaello vive a Firenze, dove studia in maniera approfondita le opere di Michelangelo e Leonardo. Le opere del periodo fiorentino sono tutte madonne, tra le quali” Maddalena Doni” (1506), “La Madonna del Cardellino” (1507). L’ultima opera del periodo fiorentino è “La sepoltura di Cristo” (1507).
Raffaello giunge a Roma nel 1508,dove incontra l’architetto Bramante, la cui cultura artistica si era formata in Urbino. Tra i due si stabilisce un sodalizio artistico in quanto la concezione architettonica del Bramante e quella pittorica di Raffaello coincidono; ambedue tendono a rappresentare lo spazio nella figura attraverso la modulazione delle linee curve che sono il solo collegamento possibile tra le cose e lo spazio che le comprende tutte.
Raffaello negli affreschi delle stanze vaticane si ispira alle idee di Bramante.
Dopo la morte del Bramante , la direzione artistica della costruzione di S. Pietro viene affidata a Raffaello che rispetta in pieno la linea bramantesca.
I grandi affreschi di Raffaello nella stanza della Segnatura (Città del vaticano)evidenziano la continuità tra pensiero antico e pensiero cristiano: “La scuola di Atene”, “La disputa del Sacramento”, “Il Parnaso” e “Le virtù”(1508-1511). Seguono gli affreschi della stanza di Eliodoro(1511-1514):”La cacciata di Eliodoro”, “La Messa di Bolsena “,”La liberazione di S. Pietro”. Ultima opera è la “Trasfigurazione”( pinacoteca vaticana). Morì nel 1520 a Roma ed è sepolto nel Panteon.
A cura della Prof.ssa Annarita Bossi
DONATO BRAMANTE
Donato di Pascuccio d’Antonio detto Bramante, pittore e architetto, nasce in Urbino nel 1444 e muore a Roma nel 1514.
Secondo il Rotondi (1973)le soluzioni prospettiche ed illusionistiche dello studiolo del Duca nel palazzo ducale potrebbero essere attribuite al giovane Bramante.
La cultura classica del Bramante si forma in Urbino nella scuola di Mozzo da Forlì.
Ai primi anni lombardi risalgono i suoi primi affreschi “casa Panigarola”.
Come architetto esordì a Pavia, Vigevano e Abbiategrasso. A Milano ricostruì la chiesa di Santa Maria presso S. Satiro(1482) e innalzò la chiesa di S. Maria delle Grazie.
Trasferitosi a Roma nel 1499, vi realizzò i primi capolavori del classicismo cinquecentesco: Il chiostro di S. Maria della pace (1500-1504), il tempietto circolare di S. Pietro in Montorio (1509).
Per San Pietro concepì un grandioso organismo ( incarico affidatogli da papa Giulio II nel 1506) a croce greca che,in parte, verrà ripreso da Michelangelo nel 1547 .
Dopo la morte del Bramante,1514 la direzione dei lavori della costruzione di S.Pietro passa a Raffaello, la cui concezione architettonica è interamente bramantesca, depurata però da ogni illusionismo spaziale.
A cura della Prof.ssa Annarita Bossi
FEDERICO BRANDANI
Federico Brandani (Urbino 1522?-1575), scultore urbinate, famoso per aver scolpito il “Presepio” posto in un piccolo locale accanto alla chiesa di S. Giuseppe, la cappella del presepio, volta e pareti trattate a stucco per simulare una grotta scavata nella viva roccia; in fondo alla grotta è posto il presepio con figure a grandezza naturale in stucco.
Commissionatagli da Guidubaldo II, eseguì la decorazione a stucco, in parte dorato, del soffitto della stanza del re d’Inghilterra al Palazzo ducale.
Nel 1550/60 eseguì la festosa decorazione a stucco della cappellina di Guidubaldo II .
Opera tarda del Brandani: bassorilievo del “martirio di S.Caterina” nella chiesa di S. Caterina.
A cura della Prof.ssa Annarita Bossi
FRANCESCO PUCCINOTTI
Nasce in Urbino nel 1794, si laurea in medicina a Roma nel 1816. Nel 1823 pubblica “La storia delle febbri perniciose” e i “Ragionamenti sulla sapienza di Ippocrate”. Nel 1824 è medico comprimario nell’ospedale di Urbino. L’anno successivo stringe amicizia con Giacomo Leopardi e vince la cattedra di Patologia e Medicina legale a Macerata. Nel 1828 pubblica la “Patologia induttiva” e le “Lezioni di medicina legale”. E’ eletto socio di numerose accademie scientifiche. Nel 1831 partecipa ai moti della “Giovane Italia” e perde la cattedra. Nel 1835 viene accolto nell’accademia dei Georgofili. Nel 1838 gli viene assegnata la cattedra di “Istituzioni Medico civili” a Pisa e nel 1839 quella di “Clinica medica”. Nel 1850 inizia la storia della medicina, nel 1855 diviene socio dell’Accademia della Crusca. Nel 1861 viene nominato Senatore del Regno, titolo cui rinuncerà nel 1865. Muore a Siena nel 1872.
Preminente in Puccinotti fu l’opera di storico della medicina, ma altri sono gli aspetti della sua complessa personalità: fu fisiologo, clinico, medico legale, letterato (fraterna amicizia con G.Leopardi e G.Giusti), filosofo, sociologo e politico. La sua vita si svolse tra le conquiste napoleoniche e la proclamazione di Roma capitale, periodo di profonde divisioni ideologiche. Non è da trascurare il merito di aver sostenuto la necessità di una protezione medica dei lavoratori e di aver indicato il futuro della medicina nel suo sviluppo igienico e sociale.
Urbino considera F. Puccinotti uno dei suoi figli migliori, appartenente alla cultura ottocentesca. Gli fu attribuito l’alto onore della sepoltura in Santa Croce di Firenze.
A cura della Prof.ssa Annarita Bossi
FEDERICO BAROCCI
Allievo di Bartolomeo Genga, ammiratore di Raffaello e del Correggio, Federico Barocci (Urbino 1528/35-1612) avviò nel gusto e nel colore il manierismo barocco.
Contrariamente alle correnti ufficiali, il Barocci si propone di suscitare nell’animo dei fedeli una commozione che subito si trasforma in sentimento devoto.
Nelle sue opere impegna la pittura in quello che sarà nel seicento il programma cattolico: contrastare la religione individuale del protestantesimo con il sentimento e il culto collettivi.
“Francesco II della Rovere”, “Madonna del popolo” (Firenze – Uffizi).
“Stimmate di S.Francesco” (Roma-Pinacoteca vaticana).
“Presepe notturno”(Milano -pinacoteca ambrosiana)
Francesco Barocci è sepolto nella chiesa di S.Francesco di Urbino.
A cura della Prof.ssa Annarita Bossi
LUCIANO LAURANA
Architetto dalmata (1420 – Pesaro 1479)
Federico da Montefeltro conobbe l’architetto Luciano Laurana nel 1465 quando questi lavorava per il Marchese di Mantova, ma si trovava a Pesaro presso A. Sforza. Federico lo invitò ad Urbino.
Con l’architetto L. Laurana ha inizio la seconda fase dei lavori del Palazzo Ducale.
Da quel momento fino al 1468 il Laurana fece parecchie scappate in Urbino nonostante gli impegni presso la corte di Mantova.
Federico, perché fosse chiaro che Laurana era considerato il capo si tutti i maestri, fece in modo che ricevesse la famosa “Patente di Ingegnere”.
Dal 1468 il Laurana rimase in Urbino fino al 1472.
Fra il ’66 e il ’72 si procedette ai lavori di costruzione ed ampliamento di quanto già esistente del Palazzo ducale: il cortile d’onore, lo scalone, il piano nobile, la sala del trono, la sala delle veglie, la facciata ad ali, la facciata dei torricini.
Il Laurana partì da Urbino nell’estate dl 1472 per andare al servizio si Alfonso d’Aragona a Napoli.
A giudicare dall’improvvisa partenza quando ancora l’esecuzione dei lavori era tutt’ altro che terminata e dalla vendita di un podere acquistato l’anno precedente, si può avanzare l’ipotesi di una “rottura”. Forse a causa delle continue interferenze di Federico, che, con l’aumentare del suo prestigio, diventavano sempre più pesanti.
A Laurana si debbono anche colonne, capitelli, archi e volte dei porticati, trabeazioni del cortile.
Luciano Laurana non rivide più Urbino anche se numerosi sono stati i suoi ritorni a Senigallia e a Pesaro dove morì nel 1479.
A cura della Prof.ssa Annarita Bossi
PIERO DELLA FRANCESCA
Piero della Francesca (Borgo S.Sepolcro 1416 c.-Firenze 1492) inizia la sua attività di Pittore a S.Sepolcro ma la sua vera formazione avviene a Firenze nella bottega di Domenico Veneziano (dal 1439), con il quale lavora agli affreschi del coro di S. Egidio (purtroppo sono andati perduti).
Non sempre è possibile accertare l’età dei suoi dipinti: “Il Battesimo di Cristo” (National Gallery Londra) commissionatogli per la Badia di S.Sepolcro viene datato negli anni ’40 o a fine anni ’50.
Nel 1445 Piero della Francesca riceve dalla Confraternita della Misericordia di S.Sepolcro la commissione del “Polittico della Misericordia”(Museo civico di S.Sepolcro), lavoro complesso dove emerge una profonda sensibilità per gli elementi naturali e la luce.
Il pittore si reca più volte a Ferrara (dipinti perduti) dove incide profondamente nella pittura locale.
Compie viaggi a Rimini dove dipinge l’affresco di “Sigismondo Malatesta adorante il S.Patrono” nel Tempio Malatestiano.
Nel 1452 si reca ad Arezzo dove affresca il coro di S.Francesco “La leggenda della vera croce”. opera importante del Rinascimento per l’uso della prospettiva e dei colori luminosi. Molto simile all’affresco di Arezzo è “La Madonna del Parto” a Monterchi-Cappella del cimitero.
In Urbino Piero della Francesca dipinge per Federico da Montefeltro “La Flagellazione”(1453/1459-60 c.) ( Palazzo ducale di Urbino),”Il dittico dei duchi di Urbino-Federico da Montefeltro e Battista Sforza ( 1463-1475 c.) (Galleria degli Uffizi -Firenze),”La Pala di S.Bernardino(1472-1474) (Pinaco… di Brera-Milano), “La Madonna di Senigallia” (1474)(Palazzo ducale di Urbino).
Queste opere testimoniano le sue profonde conoscenze matematiche e prospettiche, esplicitate nel suo trattato “De prospectiva pingendi”.
Della sua attività pittorica non si hanno più notizie dal 1475; probabilmente la sua vista si era indebolita.
Le ultime sue notizie si hanno da un documento di Rimini secondo il quale nel 1487 Piero della Francesca fa testamento.
A cura della Prof.ssa Annarita Bossi
FRANCESCO DI GIORGIO MARTINI
Francesco di Giorgio Martini (Siena 1439-1501)
pittore, scultore, ingegnere, idraulico e dopo il 1476 architetto a pieno titolo.
A lui viene attribuita la terza fase dei lavori del Palazzo ducale nel decennio che va dalla morte di Battista Sforza(1472) a quella di Federico (1482).
I rapporti tra Francesco di Giorgio e la Corte urbinate hanno inizio nel 1474. Un documento testimonia che nel 1477 Francesco di Giorgio era già al servizio dei Montefeltro. Ma certamente precedente fu la sua opera in Urbino a proposito della sistemazione degli impianti Idrici.
In questa terza fase il Martini partecipò alle opere di rifinitura fornendo disegni e idee per fregi, cornici di porte e di finestre interne ed esterne, capitelli, tarsie lignee, schienale di formelle per il sedile in pietra della piazza Duca Federico.
Il Martini lasciò opere a carattere strutturali che testimoniano il suo talento singolare e tanto diverso da quello del suo predecessore: la rampa elicoidale che fa da raccordo con il Castellare, la copertura del Castellare, il giardino pensile con le relative costruzioni, gli impianti idrici di raccolta delle acque, il grande edificio a valle, Data, con i locali annessi, la rampa che collega la base dei torricini con il Mercatale.
A cura della Prof.ssa Annarita Bossi
FRÀ CARNEVALE
Il domenicano Bartolomeo Corradini, dell’ordine dei predicatori, famoso pittore che Urbino indica tra i suoi grandi, è conosciuto come Fra’ Carnevale. A lui viene attribuita la famosa “Città ideale” conservata nel Palazzo ducale.
Bartolomeo Corradini abitò per circa 20 anni alla Pieve di S.Cassiano (1461-1484) come pievano ed operò nella città di Urbino al tempo di Federico: faceva parte dell’equipe di architetti, scultori e pittori che lavoravano per Federico nel grande cantiere che era il Palazzo ducale.
A cura della Prof.ssa Annarita Bossi
OTTAVIANO NELLI
Ottaviano Nelli di Martino di Nello nacque circa il 1375 in Gubbio, dove è ricordato fino al giugno1444. Nel 1400 già dipingeva in Perugia; la Madonna del Belvedere a Gubbio e il polittico di Pietralunga sono del 1403; nel 1417 e 1420 dipinge in Urbino; nel 1422 in Assisi, nel 1424 nella cappella Trinci in Foligno; dal 1428 al 1432 lo troviamo in Urbino dove affresca la chiesa di S. Croce. Nel 1434 indirizza una lettera alla contessa di Urbino per un dipinto che vuol fare di suo figlio col cavallo innanzi a S. Erasmo; nel 1436 è a S. Sepolcro e nel 1438 affresca una cappella in S. Pietro a Gubbio (perduta).
Numerosi documenti riguardano pitture secondarie e suoi affari privati: fu più volte console della sua città. Morì prima del 1450. A Gubbio sono conservati, oltre alla sua prima opera, la “Madonna del Belvedere”, eseguita a tempera su muro, il ciclo degli affreschi non datati in S.Agostino e in S. Francesco con “Storie della Vergine”.
Tra i dipinti su tavola oltre il polittico di Pietralunga, lo ”Sposalizio di Francesco e Madama povertà” nella pinacoteca vaticana.
Talune affinità tra la sua arte e quella dei suoi vicini, quali i fratelli Salimbeni da San Severino e Gentile da Fabriano, si spiegano piuttosto con la somiglianza di ambiente e di correnti artistiche in cui si formarono, che non per reciproche relazioni. L’arte del Nelli deriva dalla miniatura: da quella locale per il colore , da quella francese per la forma. La Madonna del Belvedere in S.Maria nuova di Gubbio può definirsi una grande e festosa miniatura, dipinta sul muro quasi tutta a tempera, con tinte leggere rosee e celesti ravvivate d’oro, ed è una delle più attraenti pitture d’Italia di quel tempo, per la gaia armoniosa gamma coloristica.
In Gubbio e nei dintorni l’arte del Nelli fu continuata e impoverita da numerosi imitatori per tutto il sec.XV.
A cura della Prof.ssa Annarita Bossi
TIMOTEO VITI
Timoteo Viti (Urbino 1469/70-1523), più anziano di Raffaello di una quindicina d’anni, dopo essere stato a Bologna nella bottega del Francia, nel 1495 tornò in Urbino, dove con Gerolamo Genga ricevette l’incarico dal Vescovo di una importante impresa pittorica: la decorazione della cappella del Duomo dedicata ai Santi Martino e Tommaso. La pala raffigurante i due santi con ai lati il Vescovo committente e il duca Guidubaldo, è l’unico dipinto superstite alla distruzione della cappella.
fu affiliato alla confraternita del Corpus Domini con i pittori Giovanni e Raffaello Santi e il Barocci.
Opere della sua maturità: ”Santa Apollonia” e “Trinità”, vetrata con l’Annunciazione” (proveniente dalla chiesa di S.Maria della torre) collocate al Palazzo Ducale; “Vergine annunciata tra i santi Giovanni Battista e Sebastiano”, tavola proveniente dalla chiesa di S. Bernardino, collocata nella pinacoteca di Brera a Milano.
Timoteo Viti è sepolto nella chiesa di S.Francesco.
A cura della Prof.ssa Annarita Bossi
GALLERIA NAZIONALE DELLE MARCHE
La galleria fu istituita all’interno del Palazzo Ducale nel 1912. L’ultimo allestimento (1982) è stato curato in modo da creare un’ armonia tra le opere esposte e le sale che le contengono. Sono da ricordare alcuni capolavori assoluti della storia dell’arte qui conservati: due opere di Piero della Francesca “la Flagellazione di Cristo” e “la Madonna di Senigallia” , “la Comunione degli Apostoli” di Giusto di Gand; “il Miracolo dell’ Ostia Profanata” di Paolo Uccello; la sublime “Muta” di Raffaello.
CASA NATALE DI RAFFAELLO SANZIO
E’ la casa in cui nacque anche il padre di Raffaello, Giovanni Santi, nel quarto decennio del XV secolo, come è riportato dalla lapide sulla facciata della casa. Raffaello vi nacque nel 1483. Nel piccolo cortile interno è visibile la “pietra” dove padre e figlio erano soliti preparare i colori. All’ interno vi sono conservati dipinti, manoscritti e arredi. Da segnalare, in particolare, l’ affresco della “Madonna col Bambino”, nella stanza dove nacque il pittore e a lui stesso attribuito come dipinto in giovanissima età. Vi sono inoltre conservati dipinti del padre, Giovanni Santi, e dei discepoli Timoteo Viti e Giulio Romano. C’è anche chi sostiene che vi abbia soggiornato come ospite del Santi, anche Piero della Francesca, quando fu convocato a Urbino dal Duca Federico.
MUSEO ALBANI
Il nucleo principale del museo è situato sul lato destro del Duomo. Nella prima sala (sagrestia vecchia) sono esposti oggetti di ceramica (sec. XVI-XVIII) provenienti dal santuario di Battaglia.
Nella seconda sala detta del tesoro sono esposti i preziosi oggetti di culto. Nella sala seguente si possono ammirare: il prezioso calice d’argento e il piatto per ampolline; sempre in questa sala vi sono altre opere d’arte come la Madonna col Bambino e Santi Gregorio e Antonio Abate di Cialdieri.
MUSEO ARCHEOLOGICO LAPIDARIO
I reperti sono attualmente esposti al piano terreno del Palazzo Ducale ed occupa una parte dell’ala orientale fra il cortile d’onore e la Piazza Rinascimento. Il nucleo più consistente della collezione epigrafica è costituito dalle iscrizioni che Monsignor Fabretti (1619-1700), nobile urbinate, aveva trasferito da Roma alla città natale, aggiungendovene via via altre rinvenute nel territorio marchigiano durante i suoi soggiorni ad Urbino. Numerose epigrafi andarono disperse alla sua morte e vennero successivamente recuperate da Monsignor Stoppani, legato pontificio fra il 1747 ed il 1756 con il prezioso aiuto del Passeri, che fece, proprio in tale occasione, accurate ricerche in tutto il Montefeltro; alla originaria raccolta Fabretti vennero poi aggiunte altre epigrafi che trovarono posto nel Museo del Palazzo Apostolico della Legazione di Urbino. Secondo l’uso dell’epoca esse furono murate nelle soprallogge divise in ventidue specchi, mentre lungo la parete opposta erano sistemati numerosi rilievi, ritratti, urnette e cippi appartenenti ad un ampio arco di tempo sino all’epoca rinascimentale. Nel 1986 la preziosa raccolta ha trovato sistemazione nelle cinque sale dove viene riproposta l’originaria ripartizione dei ventidue specchi.
Le urnette, le stele, le iscrizioni più ingombranti ed i cippi sono allineati al centro e dividono il percorso di visita secondo un itinerario anulare; le copie di alcune di quelle disperse, ricavate dagli apografi del Passeri, sono state sistemate lungo le pareti accanto ai rispettivi specchi con a lato testi esplicativi. La prima sala presenta, oltre alla dedica al Cardinale Stoppani, lo specchio con le inscrizioni greche ed al centro cinque cippi; fra i pezzi più indicativi quelle del marmorarius Eutropos ed una lastra sepolcrale epistografa. La seconda sala riunisce gli specchi dal secondo al quinto con iscrizioni latine cristiane alcune delle quali figurate, fra queste l’unico frammento rimasto di una lastra che reca la risurrezione di Lazzaro; al centro tre piccole urnette e due cippi. La terza sala, più piccola, reca i rilievi cristiani (specchio VI); al centro tre urnette. Nella quarta sala sono collocati i due specchi (VII e VIII) con le iscrizioni “miscellanee”, gli epigrammi, fra i quali uno riporta un verso di Callimaco citato anche da Cicerone e le metriche (IX specchio); una, greca, reca il racconto della breve vita di Erofilo; al centro, cinque urnette.
L’ultima sala, la più ampia, ospita gli specchi X e XI con le iscrizioni sepolcrali di ambito famigliare, nel decimo trovano posto anche due rilievi non iscritti, uno con il ritratto di un personaggio barbato e l’altro, in porfido viola, con il noto episodio di Ulisse e le sirene;
fuori specchio si trova una tavola per libagioni in onore del defunto; cinque urnette sono allineate al centro ed altre tre sono collocate davanti alla porta che un tempo si apriva direttamente su Piazza Rinascimento. Inizia quindi il percorso a ritroso con le iscrizioni collocate rispettivamente sulle pareti opposte e che si riferiscono alle dediche poste dai liberti, coniugi e parenti (XII-XVII). Nello specchio XVIII, con le lastre attinenti opere pubbliche ed edifici, si annovera quella con incisa la particolareggiata pianta di un’area cimiteriale con vialetti, siepi ed un monumento sepolcrale. Segue lo specchio XIX (ritornati ormai nella seconda sala) con i testi riferibili alle attività pubbliche ed ai mestieri. Infine, nella prima sala, le iscrizioni imperiali e consolari (XX), le pubbliche e militari (XXI) le pubbliche e sacre (XXII) fra le quali una con formula deprecatoria contro i malintenzionati che intendessero danneggiare il monumento “protetto” dall’epigrafe stessa.
MUSEO DEI GESSI
Nel Museo dei Gessi dell’Istituto di Archeologia si può ammirare una collezione di calchi di sculture antiche concessa dall’Istituto Statale d’Arte di Urbino. I calchi risalgono quasi tutti al momento della fondazione della Accademia di Belle Arti delle Marche e vengono usati a scopi didattici. I gessi sono copie di statue del periodo che va dal v sec. a.C. all’età Imperale.
CHIESA DEI CAPPUCCINI
La chiesa dei Cappuccini unitamente al convento risale al XVI secolo e la consacrazione avvenne nel 1650 come indica una lapide nel portico.
L’insieme sorge sul colle detto dei “Cappuccini”, dall’ordine dei frati che vi tennero convento fino alla soppressione degli ordini religiosi, seguita all’unità d’Italia. Nel 1869 il complesso fu ceduto dallo Stato al Comune di Urbino perché avesse come destinazione “casa di ricovero per anziani”. All’interno non vi sono dipinti di particolare pregio; un tempo vi era la tela del Barocci “San Francesco stigmatizzato”. Oggi l’immobile e il terreno sono proprietà dell’Università degli Studi, che ha fatto costruire sul versante occidentale della collina i collegi per gli studenti.
DUOMO
Sulla stessa piazza Duca Federico sorge il Duomo che, con la sua fiancata sinistra delimita la piazza stessa.
La costruzione attuale è quella realizzata alla fine del ‘700 dall’architetto G. Valadier, nominato da Pio VI architetto dello Stato della Chiesa e inviato in Urbino(e nella Romagna) per valutare i danni provocati dal terremoto del 1781 e del 1787 sulle fabbriche monumentali ed avviarne i restauri.Il Valadier dichiarò che L’intera struttura della chiesa rinascimentale era compromessa, quindi ne ordinò la demolizione lasciando in piedi soltanto i muri perimetrali.La cupola, già lesionata,crollò nel 1789.
I lavori di ricostruzione, su progetto del Valadier, iniziarono nel 1789 e si conclusero nel 1801,anno della consacrazione. Di stile neoclassico la facciata, in pietra del Furlo, è invece opera di Camillo Morigia (ravennate). Dell’edificio religioso di stile rinascimentale, commissionato dal Papa Sisto IV su desiderio del Duca Federico e del popolo urbinate, permangono alcuni resti nella Cappella del Sacramento, mentre nulla rimane di quella cattedrale fatta costruire dal vescovo Mainardo e da lui dedicata alla Vergine Assunta e a S. Crescentino nel 1066.La parte superiore della torre campanaria venne innalzata all’inizio del ‘700, mentre gli ordini inferiore risalgono probabilmente all’epoca rinascimentale.La cupola fu ricostruita dal Valadier seguendo le indicazioni contenute nei disegni di Francesco di Giorgio Martini. L’interno del Duomo, a tre navate, rivela chiaramente lo spirito classicheggiante del Valadier: ampia e solenne è l’impostazione architettonica, strutturata secondo una spazialità elegante e nobile.
Navata destra
1° altare: “Traslazione della casa della Madonna” di C. Aidolfi,detto il Veronese.
2° altare: “Supplizio di San Sebastiano” di Federico Barocci, interessante opera del pittore urbinate
3° altare: “Santa Cecilia tra i Santi” dello stesso Barocci
4° altare: “Crocefissione” del Viviani.
Crociera destra:
altare: “Madonna col Bambino e Santi” del Viviani.
Cappella della Concezione: è decorata da Carlo Maratta il quale ha anche eseguito la tela raffigurante “Maria Assunta”. Vi si osservano anche parti di affreschi risalenti aI ‘300.Vicino alla cappella della Concezione si trova l’ingresso al Museo del Duomo o museo Albani.
Abside:
Altare Maggiore:”dipinto raffigurante”La Madonna assunta tra i santi Crescentino e Mainardo””di C. Unterberger(XVIII sec.)
La cupola è decorata con le figure dei 4 Evangelisti eseguiti da diversi pittori.
Crociera sinistra
altare: statua di Clemente Xl del Cornacchini (XVIII secolo)
Cappella del Sacramento: essa è preceduta da una bella cancellata proveniente dalla chiesa quattrocentesca caduta in rovina per il terremoto. Vi si trova una delle più belle tele di Federico Barocci raffigurante “L’ultima cena”. L’altro dipinto “L’istituzione dell’Eucarestia” è invece dell’Urbinelli.
Navata sinistra:
4° altare: “Annunciazione” di A. Motta.
3° altare: “San Carlo” di C. Ridolfi.
2° altare: “L’imperatore Eraclio con la croce” di Palma il Giovane.
1° altare: “Visitazione” di A. Viviani.
MONASTERO DI SANTA CHIARA
Il Monastero di Santa Chiara venne edificato da Federico da Montefeltro anche se dopo la sua morte venne abbellito e in parte modificato dalla figlia Elisabetta, la quale, rimasta vedova nel 1482 di Roberto Malatesta, vi si ritirò “a far vita religiosa e santa”. Il convento fu disegnato da Giorgio Martini ed oggi, alla luce dei recenti restauri, viene considerato il monumento più importante dopo il Palazzo Ducale. E’ attualmente sede dell’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche (ISIA).
La costruzione, rimasta incompleta, ha subito pesanti interventi all’inizio del secolo per essere destinata ad ospedale, tuttavia i restauri hanno consentito di portare alla luce importanti aspetti ed elementi del monumento. La Chiesa, a pianta circolare inscritta in un quadrato, ha subito interventi per essere trasformata in mausoleo ducale nella prima metà del Cinquecento. Il chiostro non fu completato, ma sono rimasti i due lati. Il refettorio, cui si accede dal sottoportico, è un ampio ambiente con volta a botte, grandiosa anche l’attigua cucina. La monumentalità della costruzione viene accentuata dal prospetto a valle con i loggiati sovrapposti e i due corpi ad ala che si affacciano sul giardino pensile.
SAN BERNARDINO
La Chiesa ed il convento di San Bernardino sorgono sulla larga dorsale del colle di San Donato, a due chilometri dal centro storico di Urbino. La comunità conventuale ebbe origine nel 1425. la costruzione viene tradizionalmente attribuita a Donato Bramante(non mancano all’interno delle soluzioni tipicamente bramantesche), La critica invece oggi appare orientata ad attribuirne la paternità a Francesco di Giorgio Martini.
Vista dall’esterno la chiesa rivela la mano dell’architetto senese, sia nelle linee generali che nei particolari.
La costruzione della chiesa fu voluta da Federico da Montefeltro per essere destinata a mausoleo ducale, ma i lavori si sarebbero protratti fin dopo il 1491 e alla sua morte (1482) il Duca sarebbe stato sepolto, nella attigua e più antica Chiesa di S. Donato. L’interno di S. Bernardino è a navata unica e si prolunga nel coro rettangolare. Le pareti sono divise da una cornicetta su cui si apre una volta a botte; lungo i lati della navata della chiesa corre un cornicione recante un’iscrizione dedicata al Santo.
SAN DOMENICO
Di fronte all’obelisco e alla cantonata del palazzo ducale, nella parte inferiore di Piazza Rinascimento, sorge la chiesa di San Domenico, che venne consacrata nel 1365.La sua costruzione, come si ricava dalla datazione di alcuni affreschi absidali,è anteriore. La costruzione della chiesa è stata commissionata alla comunità domenicana.
L’interno del tempio è stato completamente trasformato nel Settecento perdendo gran parte della decorazione che rivestiva le pareti. Nella facciata esterna sono rimasti il fregio in cotto e il grande oculo centrale, ornato da un fregio con motivi vegetali. La parte anteriore è stata alterata dall’apertura di due finestre.
Il protiro in travertino che domina la facciata è stato realizzato tra il 1449 e il 1454 dal fiorentino Maso di Bartolomeo. La lunetta è di Luca della Robbia (1451): il gruppo di terracotta invetriata su sfondo azzurro rappresenta la Madonna con il Bambino ed i Santi Domenico, Tommaso d’Aquino, Alberto Magno e Pietro Martire (si tratta di una copia). L’originale è conservato al Palazzo Ducale.
Cappella di San Gaetano: ex cappella dell’Oratorio dell’Umiltà, si trova in via S.Domenico all’angolo di Piazza Gherardi, unita al corpo della chiesa di S. Domenico.
Fu tutta dipinta dal Nelli, poi venne coperta di scialbo, cosicché parte della decorazione è andata perduta, ma l’affresco principale con la Madonna che allatta il Bambino, i SS. Domenico e Pietro e, in alto, Gesù in gloria, è ben conservato. Si nota nell’affresco l’influenza gotica, notevole nella parte alta. I movimenti dei drappeggi del manto della Vergine, tipici del Nelli, danno al “quadro” una primaverile leggerezza.
SAN FRANCESCO
La chiesa di San Francesco, in stile romanico-gotico, risale alla seconda metà del Trecento. Nel XVIII secolo il tempio, che era a due navate, fu profondamente ristrutturato con una serie di interventi tra il 1732 e il 1751. I lavori risparmiarono soltanto il campanile e il portico.
Il portico fa parte della facciata anteriore che è rimasta incompleta nella parte superiore: le arcate sono a tutto sesto con colonne ottagonali. La torre campanaria è rimasta intatta nella sua elegante bellezza: gli ordini superiori della torre sono sottolineati dalle tipiche archeggiature ed occupati dalle bifore.
L’interno è a tre navate, di cui quella centrale più ampia rispetto a quelle laterali. In fondo all’abside campeggia il grande dipinto di F. Barocci “Il perdono di Assisi”.
Oggi la chiesa di S.Francesco, per decisione del Arcivescovo di Urbino, viene definita anche Santuario del Beato Pelingotto.
SANTO SPIRITO
Fu eretta all’angolo settentrionale dell’Orto (all’ora francescano). La sua origine documentata è del 1554. Ma una congregazione dello Spirito Santo esisteva fin dal 1398. L’austera facciata termina con un frontone triangolare. Due semplici pilastri laterali limitano la facciata con una grande finestra sormontata da putti. L’interno, ad aula unica rettangolare con l’altare maggiore posto nella parete di fondo (due altri nelle laterali), ha il suo maggior splendore nella decorazione della volte a botte. I quindici riquadri in cui essa è divisa dove mostrano i quattro profeti, i sette doni dello Spirito Santo e quattro storie bibliche di Gerolamo Cialdieri. Anche le quattordici tele centinate con la Vergine, la Maddalena e gli apostoli che si allineano lungo le pareti spetterebbero allo stesso Cialdieri. All’altar maggiore c’è la Pentecoste, opera notevole forse attribuita a Federico Zuccari.
Ai lati di questo altare si trovano fino dal 1862 le due tele di Luca Signorelli ora nella galleria Nazionale che sono:
Crocifissione e Pentecoste Di fronte alla chiesa c’era il monastero e la chiesa di Santa Lucia che è l’antico monastero delle monache Francescane di Santa Lucia. Della facciata della chiesa, verso via Viti, come l’ingresso del convento non rimane nessuna traccia.
SS ANNUNZIATA
La chiesetta dedicata all’Annunziata fu edificata fuori dalla mura da certa Elena di Paula nel 1389,come si rileva da lapide, e intitolata all’Annunziata, dopo l’esecuzione di un affresco, oggetto di diffusa devozione popolare, raffigurante L’Annunciazione (secc. XIV – XV, tradizionalmente attribuito a Ottaviano Nelli o ad Antonio Alberti da Ferrara). Nel 1456 fu ceduta alla Fraternità di S. Maria di Pian di Mercato, che nel 1514 la concesse in uso ai Serviti fino al 1571. La Compagnia, detta dell’Annunziata di fuori, fu fondata in questa chiesa nel 1577 da Antonio Codignola. Poiché fra le opere pie, tale compagnia ricevette l’incarico di accompagnare i morti a sepoltura, prese il nome di C. della Morte.
Nel 1581 la cappella fu decorata a stucco e grottesche e con le piccole tele di Viviani raffiguranti episodi della vita della vergine, dei profeti e testine angeliche ancora oggi esistenti. Sulla parete di fondo il citato affresco dell’Annunciazione. La decorazione plastica si deve a Ottaviano Viviani, collaboratore del Brandani, le grottesche a Giulio Virgili, i profeti a Filippo Bellini e i restanti dipinti ad Alessandro Purini, Francesco Baldelli, Riccardo Ardovicchi, Antonio Viviani e Cesare Ventura.
Nel 1595 fu abbandonata dalla C. della Morte. Molti anni dopo fu ceduta in uso alla parrocchiale di Cella di Pietra, la cappella dell’Annunciazione è oggi incorporata nella Chiesa attuale, costruita nel 1957,con la stessa dedica.
ORATORIO SANTA CROCE
L’Oratorio della S. Croce è situato in via S. Chiara con i suoi due ingressi indipendenti. L’Oratorio esisteva dal 1317; La confraternita dei Disciplinati di S. Croce, già di fatto esistente, si costituì nel 1333 e fu riconosciuta definitivamente dal Vescovo Francesco Brancaleone nel 1351.
Nell’aula originaria due affreschi conferiscono dignità all’oratorio: il più antico di Ottaviano Nelli rappresenta una Madonna del latte incoronata. Sono attribuiti al Nelli anche i profeti nei quadrilobi. L’altro affresco, S.Sebastiano, posteriore(1475), attribuito al Santi, è situato presso la porta della sacrestia.
MADONNA DELL’HOMO
La chiesetta della Madonna dell’Homo è sita in via Pacioli, protetta dagli edifici abitativi costruiti durante la seconda metà del ventesimo secolo nelle vie adiacenti.
Fino al 1557, in base a un documento rilevato nell’archivio del brefotrofio di Urbino, si tratta soltanto di un’edicola posta all’aperto, attorno alla quale venne costruita la cappella a tre arcate con campanile a vela soltanto all’inizio del diciassettesimo secolo. Nel diciottesimo secolo venne completata con la costruzione della sacrestia.
Perché Madonna dell’Homo?
Molto probabilmente da Homo di Tuninello, rettore della confraternita della Misericordia e proprietario del sito.
La chiesetta è appartenuta alla confraternita della Misericordia di Urbino fino al 1962; da questa data è divenuta proprietà dell’amministrazione provinciale di Pesaro-Urbino.
Grande rilevanza viene attribuita all’affresco della parete di fondo: al centro la Madonna della Misericordia, ai lati i SS. Nicola, Bartolomeo, Pietro e Paolo, attribuito al pittore eugubino Ottaviano Nelli.
Ottaviano Nelli lavorò in Urbino durante due soggiorni: 1416 e 1430. Quasi sicuramente l’affresco è databile nel secondo periodo (in base agli studi svolti da Egidio Calzini, Walter Fontana e Bonita Cleri).
La Madonna è raffigurata nel ruolo di protettrice (il gesto di aprire il mantello e di accogliere qualcuno).
San Bonaventura nel 1270 fonda la confraternita dei Recommandati virgini: da questo momento le confraternite si diffondono ed eleggono la Madonna a loro protettrice.
Ottaviano Nelli insieme ai fratelli Salimbeni (le storie di S. Giovanni battista nell’Oratorio di San Giovanni) portò in Urbino il gotico internazionale cortese (l’uso di colonnine tortili vivacizzate da figurine che si trovano pressoché identiche negli affreschi dell’Oratorio di San Giovanni e nelle cuspidi che racchiudono i 4 santi nella Madonna dell’Homo.
FORTEZZA ALBORNOZ
La Rocca si trova all’interno del Parco della Resistenza.
Il parco nel 1975 è stato aperto al pubblico in occasione del trentesimo anniversario della liberazione, dedicato alla resistenza.
“…..imminente al piano del Mercatale e alla contrada di Valbona”(Bernardino Baldi) la rocca, in base alla tradizione orale, sarebbe stata edificata per ordine del Cardinale Egidio Alvarez Carillo de Albornoz nel XIV sec.(1353-1367)durante la sua legazione nel nostro paese. Alcuni studiosi affermano invece che la fortezza sia stata costruita dal successore di Questi, Angelico Grimoard (1367-1371),poiché la rocca esistente ”Cassero vecchio” non era più adatta a difendere Urbino, per la sua piccolezza. In seguito, quando vennero edificate le mura roveresche (1507-1511),la rocca fu inclusa nella cinta muraria. Pochi anni dopo il papa LeoneX fece abbattere le mura affinché la città, in caso di sollevazione, non avesse difesa. Dopo la morte di Leone X (1522),tornato Francesco Maria della Rovere, il Comandino venne incaricato di ricostruire la rocca danneggiata.
Nel 1573,sotto Guidobaldo II, la rocca fu di nuovo danneggiata durante una ribellione dei cittadini.
Nel 1673 rocca e campo vennero cedute ai padri Carmelitani Scalzi. Dopo l’invasione francese(1799),in epoca napoleonica, la costruzione della rocca fu ripresa per essere poi usata a scopi militari. Nel 1805 ritornò in possesso dei Carmelitani. In seguito, nel 1860 la Fortezza ospitò un orfanotrofio femminile. Nel 1967 furono iniziati i lavori di restauro e consolidamento.
La costruzione ha forma rettangolare ed è munita nel lato interno di due torri semicircolari. Il portone d’ingresso è situato nel lato nord; di qui, attraverso una rampa, si accede alla terrazza che, per la sua posizione( quota 474 m.)domina la città ed il paesaggio a trecentosessanta gradi.
E’ un’opera di grande interesse storico e panoramico.
MONUMENTO A RAFFAELLO
Nel piano del Monte, sul panoramico piazzale Roma oggi si trova il complesso del monumento di Raffaello che il torinese Luigi Belli costruì nel 1897. Subito collocato in piazza “Duca Federico”, La bronzea statua del genio urbinate viene trasferita nel 1947 in piazzale Roma (Pian del Monte) e sistemata su un basamento con bassorilievi e statue allegoriche.
PIAZZA DELLA REPUBBLICA
Piazza della Repubblica è oggi il nodo stradale storico della città. Nei tempi remoti dell’Urbino romana si trovava fuori della cinta muraria, corrispondente al pianoro sottolineato da Procopio come agevole accesso alla città. Diventò Pian di Mercato” o “Pian di mezzo” con l’espansione edilizia oltre le mura romane; si estendeva tra i due colli e i due avvallamenti di Valbona e Lavaggine. Così la Piazza divenne il punto d’incontro tra quattro vie: due discendenti, Lavagine e Valbona; due ascendenti, al Monte e al Poggio.
In seguito si aggiunse Corso Garibaldi una nuova via comunicante con il Teatro e con il Pincio. Uno dei palazzi prospicenti la piazza è quello degli Scolopi dove un tempo sorgevano la chiesa e il convento di Sant’Agata e la chiesa di Santa Maria che furono demoliti.
In mezzo alla piazza era posizionato anche un obelisco che però è stato spostato nell’ex piazzetta Farina. Anche la fontana, disegnata da Diomede Catalucci nel 1908, è stata tolta ed è da poco stata sostituita da un’altra. Oggi questa piazza è il luogo preferito di ritrovo degli Urbinati.
TEATRO SANZIO
La costruzione del Teatro Sanzio iniziò nel 1845 e si protrasse fino al 1853 quando il teatro fu inaugurato. Nella realizzazione del progetto venne tuttavia sacrificato il tratto terminale della famosa Rampa di F.di Giorgio
Martini. Per l’inaugurazione venne rappresentato “Il trovatore” di G. Verdi con la partecipazione di artisti famosi.
Il prospetto esterno è tutto in laterizio ed è diviso in due ordini da una fascia architravata sorretta da semicolonne doriche anch’esse di mattone.
Nella zona mediana dell’ordine superiore si sviluppa la doppia ghiera di un arco ai lati del quale, sul cornicione , ci sono due sfingi a bassorilievo in pietra.
Di fronte all’ingresso del teatro si trova l’esedra, che concorre a determinare una omogeneità ambientale. Fu infatti suggerita dal Ghinelli come amplificazione semicircolare…di ” maggiore comodo per le carrozze “.
Sopra l’esedra passa una rampa a gradini varianti, detta oggi Giro dei Torricini , che costeggia il Pincio, scorrendo proprio sotto la facciata del palazzo Ducale.
All’ingresso del teatro è esposto il busto marmoreo di Raffaello opera di Carlo Fiselli ed una statua del Bramante realizzata dall’urbinate Gianbattista Pericoli.
La decorazione interna, che negli ultimi tempi ha purtroppo molto sofferto del lungo stato di abbandono dell’edificio e dello stesso istituto, fu allora affidata, per il sipario che raffigura la gloria di Urbino, all’urbinate Francesco Serafini, per le decorazioni del soggetto a Raffaele Antonioli di Gubbio.
Il restauro del teatro, diventato necessario dopo anni di abbandono, è stato compiuto ad opera dell’architetto Giancarlo De Carlo.
I COMUNI
ACQUALAGNA
E’ situata sulla via Flaminia, a 35 Km. da Fano,tra la gola del Furlo (sud-ovest) dove il Burano sfocia nel Candigliano, le pendici dei monti Pietralata e Paganuccio (nord-est) ed i monti appenninici Catria e Nerone (sud-ovest).
Ha un’altitudine di m.204 sul livello del mare e conta 4163 ab.
Vanta origini medioevali in quanto nasce come piccolo abitato a valle dell’antico castello di Monfalcone con la denominazione ‘Burgo aqualania’, come attesta una pergamena della seconda metà del 1200 . I ruderi del castello citato sono oggi visibili in località Castellaccia. Nel territorio sono presenti (sito archeologico) i ruderi, riportati in parte alla luce durante una campagna di scavi, di un antico abitato rurale di epoca ramana “Pitinum Mergens” .
Sparsi nel territorio sorgono importanti monumenti:l’abbazia benedettina romanica di S.Vincenzo al Furlo, già esistente nel 970; IL Santuario del Pelingo, che ospita la famosa tela di Girolamo Cialdrini”La Madonna del Rosario”; la chiesa della “Madonna del Pietriccio” ,nel cui loggiato sono ancora visibili affreschi del XIV° sec.;la chiesa di S.Maria Nuova, facente parte di un’abbazia del XIII° secolo; in località Pietralata sorge un’antica torre di vedetta ; a Farneta sono visibili i resti di un fortilizio feltresco con la chiesa di S.Giovanni, risalente al XIV°sec.
Importante dal punto di vista storico il castello di Naro, appartenente alla famiglia guelfa dei Siccardi, passato nel XVI°sec. alla famiglia Ghibellina dei Mastini, infine alla famiglia Berardi.
Nei pressi della chiesa di S.Vincenzo è situato un viadotto a grandi blocchi di pietra con contrafforti, di epoca augustea facente parte delle costruzioni dell’antica Flaminia a Pietralata sorge un’antica torre di vedetta a pianta circolare.
Dal punto di vista paesaggistico, interessante è la Gola del Furlo che si apre tra le pareti calcaree del monte Pietralata e del monte Paganuccio, percorsa dal fiume Candigliano: in epoca romana era considerato uno dei punti strategici per il controllo della via Flaminia. Sul luogo è ancora praticabile la galleria scavata nella roccia per ordine di Vespasiano nell’anno 79 d.C.; accanto è ancor oggi visibile una galleria di dimensioni minori d’epoca più antica.
Acqualagna ospita oggi l’annuale Fiera Nazionale del Tartufo bianco.
Prof. Anna Rita Bossi
APECCHIO
Sorge a 493 mt. s.l.m., a pochi chilometri dal famoso Santuario del Pelingo, alle pendici del monte Nerone e conta 2106 abitanti.
Il nome Apecchio deriva da “Ager pecoris”, che significa “Campo di pecore”, a causa dei ricchi pascoli di cui il suo territorio abbonda.
Si pensa che l’origine di “Apecchio” risalga al tempo della guerra tra Bizantini e Goti, ovvero nel VI secolo. Gli abitanti della zona , per sfuggire alle atroci conseguenze del conflitto, si sistemarono in siti più sicuri, proteggendosi con la costruzione di opere di difesa.
Un appartenente alla famiglia Ubaldini ricevette dall’Imperatore Arrigo IV nel 1070 il conferimento del titolo di Conte di Carda.
Gli Ubaldini in seguito inglobarono nei loro possedimenti anche il territorio di Apecchio.
Nel 1498, tutto il feudo degli Ubaldini fu annesso al Ducato di Urbino, essendosi estinto, con la morte di Ottaviano il ramo principale della famiglia.
Ad Apecchio si può visitare il Museo dei fossili e dei minerali del monte Nerone( una delle più belle raccolte di ammoniti d’Europa); il Palazzo rinascimentale dei conti Ubaldini; il ponte medioevale a schiena d’asino; la torre campanaria; le chiese ricche di affreschi e dipinti; il teatro comunale.
Per chi ama le passeggiate nei boschi, Apecchio offre un incantevole territorio attraversato da fiumi e ruscelli, sorgenti di acque sulfuree e oligominerali. Le escursioni a piedi o a cavallo fanno scoprire la pineta di Serra di Acquapartita, la foresta della Prugnola, i ruderi del castello della Carda, il vecchio mulino,oltre alle numerose grotte.
Oggi Apecchio è famoso anche per il Mappamondo della pace, il più grande mappamondo costruito dall’uomo, inserito nel Guinnes dei primati e per la Mostra-Mercato del tartufo bianco pregiato che si svolge nella prima domenica di ottobre.
Prof. Anna Rita Bossi
AUDITORE
Posto su uno sperone di roccia a m.373s.l.m.,dal quale domina la valle del Foglia nella sua parte mediana, fino al 1463 fu dominio dei Malatesta. Successero poi i Montefeltro dai quali fu annesso al ducato di Urbino fino alla sua devoluzione alla Santa Sede nel 1631.
La denominazione di “Auditore” significa “auditorium” e deriva dal fatto che i Malatesta e i Montefeltro usavano l’antico centro abitato come luogo in cui venivan discusse cause e controversie.
Sono ben conservate ancora le antiche mura con i due torrioni e la torre civica a base circolare del XV° sec. che sovrasta il borgo medievale.
Fuori le mura l’antica Chiesa parrocchiale conserva al suo interno la famosa tela” La Pentecoste” dipinta da Marino Medici.
A valle si è da tempo sviluppato il centro di Casinina: località che nel 1944, durante la ritirata delle truppe tedesche in seguito allo sfondamento ‘linea gotica’, fu teatro di violenze, soprusi e sanguinosi combattimenti con molte vittime anche civili, i cui documenti sono esposti oggi in un piccolo Museo.
Prof. Anna Rita Bossi
BARCHI
Insediamento di epoca romana, divenne luogo fortificato nel medioevo. Situato in collina fra la valle del Metauro e quella del Cesano a m.344 s.l.m. Fino al 1531 era parte del vicariato di Mondavio. Nello stesso anno guadagna L’autonomia e l’annessione di 5 castelli limitrofi. Guidubaldo II della Rovere, Duca di Urbino e del Montefeltro commissionò all’architetto Filippo Terzi la ricostruzione dell’intero abitato.
Monumenti: L’antico castello; il Palazzo comunale con la torre cuspidata provvista di orologio; L’elegante Porta nuova; il Palazzo Della Rovere oggi appartenente agli eredi Canestrari (portale e finestre con cornici in pietra); la chiesa della Resurrezione (S.Ubaldo), consacrata nel 1606 , nel cui interno sono conservate alcune interessanti tele ,tra le quali una pregevole “Annunciazione” di Antonio Cimatori detto il Visaccio: la chiesa possiede anche un organo di ottima fattura di Gaetano Callido costruito nel 1786; la chiesa di S.Antonio dove è custodita una “Adorazione dei Magi” del 1648.
In località “Madonna del Soldato” sorge un piccolo sacrario con l'”Altare della Pace”, visitato da ex combattenti a causa di una bandiera tricolore macchiata dal sangue di soldati italiani caduti in guerra.
Prof. Anna Rita Bossi
BELFORTE ALL’ISAURO
Nei pressi del confine con la Toscana, su uno sperone di roccia tra i torrenti Isauro e Fossato prima della loro confluenza nel fiume Foglia incontriamo Belforte all’Isauro.
Prende il nome da Beaufort, una antica famiglia tedesca, alla quale venne aggiunto nel 1862 “all’Isauro” come connotazione geografica. Castello di origini alto medievale e appartenuto all’antica pieve di S.Lorenzo in Foglia (sec. VIII)col nome di Castrum Belfortis, fece in seguito parte della Massa Trabaria sino al 1329 quando venne annesso alla Chiesa per ordine di Papa Giovanni XXII.I conti di Montefeltro nel 1390 entrano in possesso del feudo, investiti dal papa Bonofacio IX. Dopo una breve dominazione malatestiana viene definitivamente assegnato a Guidantonio da Montefeltro, vicario della Chiesa per la Massa Trabaria. Seguì poi la vicende dei domini montefeltreschi e rovereschi fino alla devoluzione del ducato di Urbino (1631).
Monumenti: La chiesa parrocchiale di S.Lorenzo, all’inizio del paese, nel cui interno sono conservati una tela di scuola brocchesca “S.Francesco stimmatizzato” e un Crocefisso ritenuto miracoloso; sul fianco della chiesa è situato un giardino pubblico con una moderna fontana del noto scultore torinese Franco Assetto; l’antico castello, articolato su tre piani e fortemente condizionato dal luogo su cui è stato edificato.
A 11 km da Belforte, già in territorio toscano, merita una visita il piccolo borgo di Sestino dove sorge una chiesa romanica del sec. XII.
Prof. Anna Rita Bossi
BORGOPACE
Sorge a 83km dal mare, ai piedi del monte appenninico “Alpe della Luna”, dove il Meta e l’Auro si uniscono formando il fiume Metauro. Da qui la strada statale sale fino a raggiungere il passo di Bocca Trabaria (m.1044) per poi discendere lungo la val Tiberina
Nato nel 1827, il Papa Leone XII ne fece il capoluogo della area appenninica, comprendente gli antichi castelli di Lamoli, Castel dei Fabbri, Sompiano, Palazzo dei Mucci, Parchiule e Dese. Ha origini dal Castrum Abbatiae (Castel Bavia) situato alla sommità di un colle a difesa dell’abbazia di Lamoli. La popolazione scesa a valle darà vita al Burgus Pacis (Borgo della Pace): luogo dove un’antica tradizione vuole si siano incontrati nel 42 a.C. Cesare Ottaviano, Marco Antonio ed Emilio Lepido per porre le basi del secondo triunvirato.
Il paese è stato poi per secoli il cuore della Massa Trabaria, area da cui provenivano i grossi tronchi (trabes) utilizzati nella costruzione dei tetti delle grandi basiliche e dei maggiori edifici pubblici di Roma.
Monumenti: la chiesa di S.Maria Nuova, ove è conservata una tavola, “Madonna con il Bambino”, di scuola umbra del sec. XV° e un gruppo statuario di maiolica policroma risalente al sec. XVI; la romanica abbazia di S.Michele Arcangelo di Lamoli a tre navate e frammenti di antiche sculture conservati nella cripta; a Figiano sorge la chiesina di S.Leone con un’abside interamente affrescata nel sec. XIV, mentre a Parchiule, nella chiesa di S.Maria, è conservata la tela “Madonna del Rosario”, dipinta nel 1636 dal fossombronese Gianfrancesco Guerrieri.
Ha sede a Borgo Pace la cosiddetta Aula Verde, alla confluenza del Meta e dell’Auro, con acquari di pesci e crostacei d’acqua dolce e sede del Centro di Educazione Ambientale.
Prof. Anna Rita Bossi
CAGLI
Sorge lungo l’antica via Flaminia a 45 km dal mare e ad un’altitudine di 828 m., alle pendici del monte Petrano (m.1163),dove il torrente Bosso si unisce al Burano.
Nel sec. VI°, durante il dominio bizantino “Cale” faceva parte, con Gubbio, Urbino, Fossombrone e Jesi, della Pentapoli montana. Le sue antiche origini sono testimoniate da numerosi reperti, tra i quali i bronzetti etrusco-italici del IV sec. a.C., individuati fra i ruderi di un santuario pagano insieme alla cosiddetta ‘testa di Cagli’. Nel 726 Pipino il Breve fece atto di donazione della città di Cagli alla Chiesa romana. Si tratta della stessa città in parte distrutta dal fuoco che i ghibellini appiccarono allo scopo di sottrarla alla fazione guelfa nell’anno 1287. Due anni dopo sotto il pontificato di Papa Niccolò IV la città di Cagli dalle pendici del monte Petrano viene ricostruita a valle, inglobando gli edifici religiosi e civili preesistenti nel borgo. Libero comune dal XII° sec., Cagli assoggettò oltre cinquanta castelli. In fine fu assoggettata al ducato di Urbino e Federico da Montefeltro commissionò (1481) a Francesco di Giorgio Martini la costruzione di un’imponente Rocca sul colle dei Cappuccini, (oggi restano pochi ruderi) collegata da un passaggio sotterraneo all’imponente Torrione a pianta ellittica tuttora esistente a valle e sede del recente Centro per la Scultura Contemporanea. Durante il potere dei duchi dei Montefeltro furono realizzati anche i lavori di ristrurrurazione del medievale Palazzo Pubblico (oggi sede del Comune e del Museo Archeologico) a residenza ducale e di altri antichi edifici, proseguite anche in seguito.
Monumenti: del periodo medievale restano la chiesa di S.Francesco e la chiesa di S.Domenico, entrambe con interni ad aula arricchiti di tele a affreschi;la Cattedrale, quasi interamente ricostruita nel sec. XVIII, S.Angelo minore, S.Pietro, S.Maria della Misericordia, S.Giuseppe, S.Chiara, S.Filippo e S.Bartolomeo, tutte ricche di opere d’arte, comprese diverse tele del noto pittore cagliese Gaetano Lapis (1706-1773).
Gli edifici civili degni di nota sono il quattrocentesco Palazzo Preziosi-Brancaleoni e il cinquecentesco Palazzo Tiranni-Castracane, l’ottocentesco Teatro Comunale con una magnifica sala a palchetti. Il monumento romano di grande rilievo è infine il Ponte Mallio sul torrente Bosso il cui fornice centrale con contrafforti a grandi blocchi di pietra viene fatto risalire all’epoca repubblicana. In località Monte Martello sorge il santuario di S.Maria delle Stelle, edificato nel 1475 e che ingloba una celletta preesistente impreziosita da affreschi trecenteschi.
Località del cagliese da menzionare è Pianello, ai piedi del monte Nerone (m.1525),dove il Certano, il Giordano e il Fiumicello confluiscono dando origine al Bosso; grotte, gole, fossili) che si fondono con le brughiere e le faggete delle Serre di Burano.
Prof. Anna Rita Bossi
CANTIANO
Sorge sull’antico percorso della via Flaminia a 73 km dalla costa adriatica a ridosso delle pendici occidentali del monte Catria (m.1702).Ha un’altitudine di 360 m. e 2572 ab.
Posto tra i colli di S.Ubaldo e di S.Nicolò, il paese sorge isolato tra il corso del Burano e del Bevano, sul pendio di un poggio sul quale sono visibili alcuni tratti di mura dell’antica rocca.
Nasce come fortezza a partire dall’anno 560. Nel 996, dopo la distruzione dell’antico abitato di Luceoli che sorgeva nell’area dell’attuale frazione di Pontericcioli, costituì il rifugio dei luceolani che erano sopravvisuti. Successivamente nell’anno 1244 fu conquistato da Federico II di Svevia,il quale lo donò alla città di Gubbio che provvide a fortificarlo, come fecero più tardi anche i Montefeltro quando l’abitato entrò a far parte del ducato di Urbino.
Monumenti: la chiesa di S.Agostino col bel portale romanico del sec. XIII°,la collegiata di S.Giovanni Battista nel cui interno sono conservsti un pregevole tondo di Eusebio da S.Giorgio dl XVI° sec.e varie tele seicentesche di Claudio Ridolfi, del cantianese Francesco Allegrini e di altri; le chiese di S.Nicolò e di S.Ubaldo. Interessanti sono anche antichi edifici del sec. XII posti in via Fiorucci. In località le Foci e in località Pontericcioli sono ancora ben saldi due ponti romani a due arcate con robusto pilastro centrale. Cantiano è la sede della tipica manifestazione annuale “Turba”: sacra rappresentazione in costume del Venerdì Santo a ricordo della Passione di Cristo.
Il comune di Cantiano comprende il parco naturale del bosco di Tecchie, folte faggete per 180 ettari.
Prof. Anna Rita Bossi
CARPEGNA
Paese posto al confine con la Toscana, a 748 m. sul livello del mare, con un abitato di 1161 ab.Dal centro abitato si sale fino ai 1415 metri della cima del monte Carpegna.
Fu nel medioevo feudo dei conti di Carpegna da cui ebbero origine i conti di Montefeltro, i Malatesta e i Della Faggiola. Al centro del paese, è situato l’imponente Palazzo dei Principi, che l’architetto Giovan Antonio De Rossi ebbe progettato nel 1675 per il cardinale Gaspare di Carpegna. Un palazzo veramente principesco, tuttora abitato dai discendenti dell’antico casato. Preceduto da una scalinata a due rampe si possono visitare al suo interno le belle sale, una preziosa biblioteca e una cappella di famiglia con ricca dotazione di arredi originali.
Monumenti: la chiesa di S.Sisto con la sua cripta romanica; a 2 km dal paese sorge la pieve romanica di S.Giovanni del 1181, completata da una pregevole loggetta rinascimentale; La chiesa di S.Nicolò (sec. XVII).
Il monte Carpegna (m.1415)dal punto di vista geologico presenta un apparato roccioso formato da calcare marnoso emergente da uno strato di argilla. La parte più alta è occupata da un ampio pianoro che termina verso sud-est con un versante piuttosto ripido e roccioso; il versante opposto è invece ricoperto da due faggete di differenti dimensioni. Il Passo Cantoniera,a 1000 m. circa, con prati, boschi e piste da sci con sciovia, vanta strutture ricettive in grado di ospitare un turismo invernale ed estivo.
Prof. Anna Rita Bossi
CARTOCETO
Situato lungo il pendio di un colle a 221m. sul livello del mare, il paese(ab.6399) con il suo antico castello, circondato da mura scarpate e preceduto dal “Borgo”, è distribuito su gradinate e stradine ripide. Sito abitato in epoca romana, (lo attesta un’epigrafe del 49 a.C. ritrovata nei pressi dell’antica pieve), il territorio di Cartoceto ebbe importanza strategica solo nel basso medioevo.
Il ‘castello’ nel 1351 venne munito della rocca, che rimase fortemente attiva fino al 1572, quando fu distrutta da un terremoto. Sotto il dominio Dei Malatesta, si assoggettò in seguito alla città di Fano seguendone le vicende fino al secolo XVIII. Monumenti: l’antica pieve dei Santi Pietro e Paolo, che, ricostruita nel secolo XVII, è oggi la chiesa del cimitero; la chiesa ed il convento agostiniani di S.Maria del Soccorso (sec.XVIII); l’ottocentesca collegiata di S.Maria della Misericordia che custodisce una venerata ‘Madonna con il Bambino e Angeli’ del secolo XIV; l’antico fabbricato ornato da beccatelli( già sede del Comune) con torretta munita di orologio e campana; il teatro del Trionfo con graziosa sala ottocentesca a tre ordini di palchetti.
Cartoceto è nota per la produzione dell’olio d’oliva. Nel paese e dintorni sono attivi quattro frantoi che producono olio extravergine di eccellente qualità. Altra specialità del luogo è la produzione del cosiddetto ‘formaggio di fossa’.
Prof. Anna Rita Bossi
CASTELDELCI
Situato su un colle, Guarda dall’alto il torrente Senatello, affluente del Marecchia.
Casteldelci viene per la prima volta citato in un documento del XII secolo con la denominazione ‘Casale d’ Ilice’. Fino al 1290 fu sotto la giurisdizione dei vescovi del Montefeltro, come territorio circostante la pieve di S.Martino in Vivedo, successivamente sotto l’amministrazione del rettore della Massa Trabaria; fino al secolo XV fu governato dai Della Faggiola ( sono ancora visibili i ruderi del loro antico maniero). Nei pressi di Casteldelci nacque il famoso Uguccione Della Faggiola (1250-1319), condottiero ghibellino e signore di Arezzo, Pisa e Lucca. Terminate le lotte tra i Malatesta ed i Montefeltro (sec. XV), finì annesso al ducato di Urbino.
Monumenti: l’antica Torre Civica addossata alla chiesa di S.Maria in Sasseto; la chiesa di S.Nicolò; sul Senatello è degno di nota il Pontevecchio ad unica grande arcata. Il nucleo di case del castello, addossate le une alle altre formano un tutto unico.
Oltre il confine del territorio comunale, in località Balze, sorge il monte Fumaiolo(m.1090) da cui nasce il Tevere. Consigliabile una gita al Poggio dei Tre Vescovi (m.1127), posto lungo la strada che porta fino al Passo di Pratieghi punto d’incontro dei confini tra le regioni Marche, Emilia-Romagna e Toscana.
Prof. Anna Rita Bossi
COLLI AL METAURO
È stato istituito il 1º gennaio 2017 dalla fusione dei comuni di Montemaggiore al Metauro, Saltara e Serrungarina. È un comune sparso; la sede comunale si trova a Calcinelli, frazione più grande del comune.
FANO
Cittadina costiera (ab.56727), sorta sulle rive del Mar Adriatico, dista 12 kilometri da Pesaro e ca. 3 dalla foce del fiume Metauro. Le sue origini sono tuttora sconosciute.
Fano, con la denominazione di Fanum Fortunae, viene menzionata per la prima volta nel “De bello civili” di Giulio Cesare, il quale dopo il famoso passaggio del Rubiconde fece presidiare con una coorte Pesaro, Ancona e Fano(49 a.C.).E’ qui che la via consolare Flaminia (218 a.C. ) raggiungeva e , ancora oggi, raggiunge il Mare.
Nell’epoca augustea, il suo nome fu Colonia Iulia Fanestris ascritta alla tribù Pollia. Il suo territorio aveva un’estensione di circa 18 ettari e il centro urbano era suddiviso in cardi e decumani. L’imperatore fece inoltre costruire le mura(oggi parzialmente conservate) con la monumentale Porta a tre fornici (9 d.C.),attraverso la quale la via Flaminia si congiunge con il Decumanus Maximus via Arco di Augusto.
Negli anni 275-360 si diffuse nella città il culto cristiano con il predicatore S.Paterniano, che dopo l’editto di Costantino fu il primo vescovo di Fano.
Dopo circa due secoli la Colonia Julia Fanestris venne incendiata e distrutta dall’esercito dei Goti(358).
Per risorgere da questa triste situazione Fano impiegò parecchi decenni entrando quindi a far parte della Pentapoli marittima.
Alla fine del secolo VIII con la discesa in Italia centrale dei Longobardi prima e dei Franchi poi ,la piccola comunità fanese fu costretta a subire la soggezione al Pontefice di Roma. In seguito l’Imperatore Ottone I concesse anche ai vescovi fanesi l’investitura di Feudatario.
Alla fine del secolo X Fano divenne libero comune, continuamente in lotta con Pesaro, Senigallia, Ravenna, per difendersi dalle quali stipulò un accordo con Venezia che durò circa due secoli.
Il secolo XII fu per il Comune un periodo di lotte intestine tra Guelfi e Ghibellini con riferimento alle due famiglie rivali Da Carignano e Del Cassero, fino a sfociare nel feroce duplice eccidio di Guido Del Cassero e Angiolello Da Carignano (congiura messa in atto da Malatestino Malatesta nel 1304).La Signoria dei Malatesta nella città di Fano si protrasse fino al 1463,quando Federico da Montefeltro, dopo un lungo assedio, conquistò Fano sottraendola ai Malatatesta. Fu nel periodo Malatestiano che la città cominciò a registrare alcune modificazioni nell’edilizia sia religiosa sia civile: Le Chiese di S.Domenico, San Francesco e S. Agostino, Il Palazzo Malatestiano (Oggi ospita la Pinacoteca e il Museo civico),Le mura Malatestiane (ampliamento del centro storico),la Rocca malatestiana fatta erigere da Sigismondo Malatesta tra il 1438 e il 1452. Le opere difensive proseguirono anche dopo il 1463 con la costruzione di un Bastione scarpato vicino alla porta Maggiore, e dopo circa un secolo con la costruzione del Bastione Sangallo.
Con la metà del secolo XVI Fano finalmente poté cominciare a godere di una certa tranquillità(libertas ecclesica e oligarchia nobiliare). Fra il 1612 e il 1616 venne realizzata un’opera che favorì notevolmente il commercio: il Porto-Canale. In tale periodo vennero ricostruiti e ammodernati i complessi conventuali di S. Maria Nuova e di S. Paterniano, l’interno della Chiesa di S.Pietro in Valle, il Teatro della Fortuna 81677). Durante i secoli successivi Fano mantenne quasi inalterato il suo aspetto. Nel 1944 campanili e torri vennero distrutti dai Tedeschi. Durante gli anni del secolo scorso il porto-canale venne ampliato a più riprese per ospitare la flotta peschereccia ,la cui produzione oggi costituisce ,insieme al turismo, la maggior risorsa economica della città.
Le spiagge più rinomate della costa fanese, Lido e Sassonia, costituiscono da tempo le mete più frequentate dal turismo estivo, come del resto tutto il litorale ,Fosso Sejore, Torrette, Pontesasso, Marotta; inoltre molto frequentate sono anche le Terme di Carignano.
Infine non può essere dimenticato L’Eremo di Montegiove, situato nelle immediate vicinanze di Fano, costruito sul colle omonimo nel XVII secolo dai Camaldolesi di Montecorona.
Prof. Anna Rita Bossi
FERMIGNANO
E’ situato all’inizio dell’ altavalmetauro ad un’altitudine di 200m.,sulla sponda sinistra del fiume, circondato da un paesaggio di colli e valli.
Fermignano che oggi conta 7553 ab. ha origini romane, dovute alla sua posizione strategica. Già nell’antichità la strada da F. proseguiva attraverso i monti per raggiungere Pitinum Mergens (Acqualagna) e, oltrepassato il Metauro, saliva ad Urvinum metaurense.
Attraverso i secoli fu sempre sotto la giurisdizione di Urbino di cui seguì le sorti, nonostante che dal 1607 avesse un consiglio amministrativo proprio. Monumenti: la Torre delle Milizie, fortilizio quadrato ornato da beccatelli, posto a difesa dell’antico ponte a tre arcate sul Metauro;
alcuni portaletti medievali e rinascimentali, compreso quello ad arco acuto di Palazzo Calistri; la chiesa di S.Veneranda. Fuori dell’abitato è invece la piccola chiesa trecentesca di S.Giacomo in Campostella con affreschi del XIV e XV secolo. In una casa di campagna nei pressi di Fermignano nacque nel 1444 il celebre architetto Donato Bramante, e sempre nei pressi di Fermignano sorge la Villa Isola che nel 1575 ospitò Torquato Tasso che vi compose la famosa ‘Canzone al Metauro’.
Già in epoca medievale Fermignano fu caratterizzato dalla presenza di cartiere, sostituite nel nostro secolo da pastifici e lanifici.
Manifestazione annuale caratteristica è il ‘palio della rana’, disputato la prima domenica dopo Pasqua dalle sette contrade fermignanesi per rievocare l’affrancamento dal ducato di Urbino; il palio è preceduto da uno sfarzoso corteo storico in costume.
Prof. Anna Rita Bossi
FOSSOMBRONE
Municipio Romano, col nome di “Forum Sempronii”, deve la sua elevazione da villaggio anonimo a “Foro” al tribuno Caio Sempronio Gracco, giunto nella zona per far applicare le leggi agrarie, relativamente alla distribuzione delle terre tolte ai Galli attorno all’anno 123 a.C. Facilitata dalla presenza della consolare Flaminia, la città si sviluppò fra il centro storico attuale e S.Martino del Piano. Ebbe notevoli danni con l’occupazione longobarda al punto che gran parte del suo patrimonio edilizio venne raso al suolo.
Fossombrone è racchiusa tra i contrafforti delle Cesane ed il versante settentrionale del colle dei Cappuccini, poco più a monte della piana della piana fluviale del Metauro. Dista da Fano e dal mare 25 km.
Il municipio di Forum Sempronii, che fu distrutto durante le invasioni barbariche presenta numerosi reperti archeologici che stanno lentamente riemergendo in località S.Martino del Piano dove è stato istituito un importante parco archeologico. Dalla collina sovrastante domina tutto l’abitato la larga quinta della Corte Alta dei Montefeltro (sec. XV-XVI).
Ancora più in alto dominano la Cittadella, formatasi al tempo delle scorrerie barbariche, e dalla sommità del colle di S.Aldebrando, i ruderi imponenti della Rocca malatestiano-feltresca con il bastione carenato. Molti sono gli edifici storici che ricordano quando Fossombrone fu prima soggetta ai Malatesta del ramo pesarese, poi fu uno dei centri maggiori del ducato di Urbino, fino alla sua devoluzione alla Santa Sede (1631).
Monumenti: La Corte Alta, sede oggi del Museo Civico con ricca sezione archeologica e della Pinacoteca Comunale che custodisce un bel gruppo di tele del forsempronese Gianfrancesco Guerrieri (1589-1657); la barocca chiesa di S.Filippo; la chiesa di S.Agostino ristrutturata nel sec. XVIII ;la Cattedrale, ricostruita a fine Settecento su disegno di Cosimo Morelli.
Fra i palazzi: quello Comunale opera di Filippo Terzi (sec. XVI), quello Vescovile con elegante rivestimento a bugnato (sec. XV), quello Seta-Cattabeni (sec. XVI) e la Corte Rossa (sec. XVI), una delle sedi ducali così come la Corte Bassa (sec. XVI), antica residenza del cardinale Giuliano Della Rovere, fratello del duca Guidubaldo II; la chiesa di S.Francesco, rinnovata nel sec. XVIII; la ricca Biblioteca Civica Passionei istituita nel 1784; la Casa Museo Quadreria, già del notaio Giuseppe Cesarini e ora proprietà comunale, dove il visitatore può osservare diversi ambienti che conservano intatta l’atmosfera di una casa borghese della prima metà del Novecento e dove si può ammirare un rilevante numero di dipinti di Anselmo Bucci, Achille Funi, Aldo Carpi, Giorgio Morandi, Arturo Tosi, Gino Severini, Walter Lazzaro, Sandro Gallucci, Nino Caffè, Emilio Antonioni e diversi altri ancora, insieme con sculture di Francesco Messina, Marino Marini e Angelo Biancini; il ponte ad unica grande arcata che attraversa il Metauro; il Cimitero, affiancato dalla chiesa e convento dell’Annunziata, costruiti nel sec. XV, ma rinnovati in seguito; il colle dei Cappuccini (m.329) con l’omonimo convento (sec. XVI), uno dei primi dell’ordine che ebbe nel forsempronese Ludovico Tenaglia uno dei suoi fondatori.
A sinistra del Metauro, su un altopiano di m.580, sovrastante la Cittadella, si estende la Pineta delle Cesane con il vivaio del Corpo Forestale dello Stato. La sua piantumazione fu iniziata nel 1916 dai prigionieri di guerra austriaci, ed è stata poi continuata con imponenti opere di rimboschimento che ne hanno ampliato l’estensione in territorio urbinate.
Prof. Anna Rita Bossi
FRATTEROSA
Sorge a cavallo fra le valli del Metauro e del Cesano, su una collina tra verdi campi coltivati e numerosi vigneti. Dista 42 km da Fano e 54 km da Pesaro, raggiungibile percorrendo sia la via Flaminia che la statale.
Fratte Rosa oggi conta 1035 ab. L’abitato vanta origini medievali, epoca in cui fu capoluogo della Ravignana, piccolo stato alle dipendenze dei monaci classensi di Ravenna (secoli IX-XIII). Successivamente fu uno dei castelli soggetto prima ai Malatesta poi ai Montefeltro e Della Rovere . All’interno della cinta muraria sorge il Palazzo Comunale nel cui sottoportico si apre un profondo pozzo d’epoca malatestiana (sec. XIV) e dove è conservata una “Deposizione” su tavola del ravennate Gianfrancesco Ragazzini (sec. XVI). Non lontano si apre su un piazzale con moderna fontana su cui si affaccia l’ottocentesca parrocchiale di S.Giorgio, a tre navate, con facciata tripartita e alto campanile cuspidato. Appena fuori del castello è invece la settecentesca chiesa di S.Maria in Castagneto (erede della primitiva Pieve) con interessante interno tardobarocco. Meritevole di visita è soprattutto il complesso conventuale di S.Vittoria, fondato da S.Francesco nel 1216 e dove sostarono S.Carlo Borromeo e S.Giuseppe da Copertino. Sorge sulla collina del cimitero (m.433) ed è stato interamente ricostruito nel sec. XVIII. Oggi ospita il piccolo Museo delle terrecotte dove figurano esposti i caratteristici “cocci” che in passato hanno reso famoso il paese, sede di varie botteghe gestite da abili artigiani.
Frazione di Fratte Rosa è Torre S.Marco, antico castello munito un tempo di una massiccia e robusta torre, feudo per quasi due secoli (1562-1738) della potente famiglia anconetana dei conti Bonarelli. Al centro dell’abitato è la chiesa di S.Marco la cui costruzione fu iniziata nel 1736.
Prof. Anna Rita Bossi
FRONTINO
Il Comune di Frontino (con un abitato di 336 ab.) sorge su uno sperone di roccia a 519 m. di altitudine e domina la valle del torrente Mutino. I monti appenninici Sasso Simone e Simoncello e, più a nord, il monte Carpegna (m.1415)gli fanno da sfondo .
E’ uno dei castelli medievali per molto tempo contesi tra i Malatesta e i Montefeltro con una storia analoga a quella di tutti gli altri luoghi fortificati vicini. Monumenti: l’antico Palazzo Malatesta con scantinati e volte a crociera; l’antico mulino (oggi accuratamente restaurato),difeso da un’alta torre, che, in condizioni di assedio, garantiva a tutti il rifornimento di farina e pane;
la chiesa dei SS.Pietro e Paolo, che ospita una pregevole tela di scuola baroccesca (“Madonna con il Bambino”), mentre una moderna fontana (una ‘scultura d’acqua’) di Franco Assetto invita a visitare il Museo dedicato alle opere dello stesso artista donate al Comune; l’eremo di S.Girolamo (sec. XV),che sorge fuori del Castello; circondato da un folto bosco, il convento francescano di Montefiorentino, meta dei turisti cultori d’arte e di storia.
la cappella dei conti Oliva, opera rinascimentale a pianta quadrata con un prezioso pavimento a piastrelle maiolicate, costruita, forse, su disegno di Francesco di Simone Ferrucci e commissionata da Carlo Oliva conte di Piagnano (1484);le due tombe gemelle del conte Gianfrancesco Oliva e della di lui consorte Marsibilia Trinci, progettate dal Ferrucci; la pala con ricca cornice intagliata (“Madonna con il Bambino e Santi”) eseguita da Giovanni Santi nel 1489;i due inginocchiatoi intarsiati da Maestro Zocchino (1493).
Da Parecchi anni il convento di Monte Fiorentino è sede dell’annuale cerimonia di consegna del Premio Letterario Nazionale ‘Frontino-Montefeltro’ ai maggiori scrittori marchigiani. Il premio prevede le sezioni di poesia, narrativa e saggistica. A sinistra della Chiesa da notare un piccolo chiostro rettangolare con due pozzi del ‘700 e la cappella dei pellegrini.
Prof. Anna Rita Bossi
FRONTONE
È un tipico castello appenninico, munito di una imponente rocca, disteso unitamente all’antico borgo sulla cresta di un colle alberato (m.571 s,l.m.), a ridosso delle pendici orientali del monte Catria (m.1702).
Sorge in posizione strategica e fu certamente abitato fino dai tempi più remoti. Il documento più antico in cui il luogo viene espressamente citato risale però al 7 luglio 1072 e riguarda la dipendenza dall’eremo di S.Croce di Fonte Avellana della chiesa di S.Fortunato “presso il monte di Frontone”. Possedimento della famiglia eugubina dei Gabrielli dal 1300 al 1420, il castello passò poi ai conti di Montefeltro. Un tentativo di conquista da parte di Sigismondo Malatesta fu scongiurato nel 1445 dal Duca di Urbino il quale più tardi diede incarico a Francesco di Giorgio Martini di potenziare la preesistente rocca: una costruzione ulteriormente cresciuta nel tempo quando il duca Francesco Marià II Della Rovere cedette Frontone in feudo al nobile modenese Gianmaria Della Porta come riconoscimento degli importanti servizi a lui prestati.
Dal 1985 la rocca è proprietà dell’Amministrazione Comunale che ne sta gradualmente curando il restauro.
Frontone è un centro turistico estivo. D’inverno funge da centro di partenza verso i campi da sci del monte Catria.
Prof. Anna Rita Bossi
GABICCE MARE
Noto centro balneare, ultimo comune costiero del pesarese confinante a nord con la Romagna, conta 5362 ab. Il territorio comprende una parte collinare: Gabicce monte a 150 m. di altitudine alle falde settentrionali del promontorio del S.Bartolo.
Un tempo esisteva solo Gabicce Monte (Castrum Ligabitij o Ligabitii)(forse il suo nome deriva da quello del signorotto che alla fine del sec. X dominava sul territorio. Nei secoli successivi è documentato il susseguirsi delle famiglie dei Malatesta, degli Sforza e dei Della Rovere
Alcuni documenti evidenziano una intensa attività mercantile con scalo marittimo nella zona di Vallugola. All’inizio del Novecento però Gabicce era ancora priva di porto, la sua attività marinara quindi era messa in secondo piano da quella della vicina Cattolica.
Successivamente i marinai di Gabicce costruirono uno ‘squero’: un cantiere dove fabbricavano solide imbarcazioni, giungendo a dotarsi di una piccola flottiglia per la pesca delle sardine e degli sgombri, oltre a quella delle vongole a cui erano da sempre dediti.
Negli anni del dopoguerra è iniziata la valorizzazione della spiaggia, con conseguente rapido sviluppo del turismo balneare estivo. Poco di antico si è conservato a Gabicce Monte: la chiesa di S.Ermete, risalente al 775(oggi completamente trasformata), nel cui interno è custodito un antico frammento di affresco (“Madonna del latte”) e un pregevole Crocefisso ligneo (fine sec. XIV-primi sec. XV).
Nativi di Gabicce erano i celebri ceramisti Girolamo e Giacomo Lanfranco (padre e figlio), attivi con propria bottega a Pesaro dal 1530 al 1590, protagonisti entrambi della rinascita artistica della ceramica pesarese dopo la grande fase di splendore del secolo precedente.
Prof. Anna Rita Bossi
GRADARA
Importantissimo centro medioevale al confine con la Romagna, è posizionato sul crinale di una collina (142m.s.m. e 3331 ab.),ben visibile a chi percorre la statale adriatica. La sua robusta cinta di mura, i bastioni e la celebre rocca sono gli elementi architettonici inconfondibili e sempre riconoscibili che la caratterizzano.
Dotato di una prima torre medievale di difesa (il ‘Mastio’) nel 1150, il ‘castello’ di Gradara (Castrum Cretarie) venne reso indipendente da Pesaro ad opera di Piero e Rodolfo De Grifo. Successivamente i Malatesta acquistarono il castello dai De Grifo e lo trasformarono in rocca completandola con un girone di mura; in seguito aggiunsero anche i settecento metri del secondo girone con le diciassette torri merlate e i tre ponti levatoi che resero imprendibile il fortilizio.
Con la fine della dominazione malatestiana, il castello passò agli Sforza che aggiunsero il bel loggiato interno, lo scalone e gli affreschi che ornano ancora oggi alcune stanze, comprese quelle dell’appartamento ove visse per tre anni Lucrezia Borgia dopo il matrimonio con Giovanni Sforza (1493). Terminato anche il periodo sforzesco, la Rocca passò ai Della Rovere fino alla devoluzione del Ducato di Urbino alla Chiesa (1631). Dopo quasi tre secoli di abbandono l’ingegner Umberto Zanvettori nel 1920 progettò e realizzò a sue spese il recupero del fortilizio. Nel 1983 passò in proprietà dello Stato Italiano.
Oggi Gradara, oltre la monumentale Rocca, offre al visitatore anche la sua duplice cinta di mura e torrioni con le merlature e i camminamenti di gronda ricostruiti. Fra le mura, l’abitato conserva le sue antiche case e la chiesa di S.Giovanni Battista che custodisce un pregevole Crocefisso ligneo del XV secolo. Nella chiesa del SS. Sacramento è visibile una pala d’altare (“Ultima cena”) di Antonio Cimatori (1595). Presso la Rocca è stata invece trasferita la preziosa pala (“Madonna in trono con il Bambino e Santi”) dipinta da Giovanni Santi nel 1484 per l’antica pieve di S.Sofia.
Vuole un’antica tradizione che fra le mura della rocca di Gradara abbia avuto luogo il feroce assassinio di Paolo Malatesta e Francesca da Polenta ad opera del tradito Giovanni (Gianciotto) Malatesta detto ‘Lo Sciancato’. Antica storia di sangue resa immortale dai celebri versi di Dante Alighieri.
Gli ambienti interni del castello oggi visitabili sono: la cappella con una maiolica di Andrea della Robbia, il corpo di guardia, la camera di tortura, la sala della giustizia, la camera di Francesca e la sala del consiglio. Poco lontano il municipio, che ospita una interessante pinacoteca.
Prof. Anna Rita Bossi
ISOLA DEL PIANO
Sorge ai piedi dei Monti delle Cesane, su un pianoro a 210 m. s.l.m., lungo la piccola valle del Rio Puto, tributario del Metauro, a 9.4 km dall’antica via Flaminia.
Un’antica iscrizione ricorda che nel 1204 (al tempo di Papa Martino IV), Isola del Piano, sottoposta ai ghibellini di Urbino, fu incendiata dai riminesi chiamati in soccorso dei guelfi che si erano rifugiati a Sassocorvaro. Successivamente fece parte del ducato di Urbino, fino a quando nel 1574 fu ceduto in feudo da Guidubaldo II Della Rovere al marchese Camillo Castiglioni di Mantova e quindi ai suoi discendenti. All’interno dell’abitato esiste ancora il Palazzo Castiglioni (oggi Bartolini) con un bel portale cinquecentesco, coevo del Campanile dell’Orologio che affianca il Palazzo Comunale. Interessante è soprattutto la chiesa dell’Annunziata con affreschi rinascimentali, compresa una “Madonna con il Bambino, S.Francesco e tre Angeli” attribuita alla bottega di Giovanni Santi.
Isola del Piano che oggi ospita 650 ab. era famosa fino a pochi decenni fa per le cave di Pietra che fornivano anche un marmo bianco macchiato di nero, resistente al gelo che veniva utilizzato per ornamentazioni esterne, pavimenti e gradinate.
Prof. Anna Rita Bossi
LUNANO
Seguendo il fiume foglia verso l’entroterra in direzione sud-ovest nel versante sinistro dell’alta valle del Foglia,si incontra il paese di Lunano (m.297s.l.m) presso la confluenza del torrente Mutino.
Un antico presidio appartenente al Comitato di Montefeltro, dal quale era possibile controllare le varie strade che si diramavano lungo le vallate. Risale al periodo medievale, quando ai piedi del castello di cui sopravvivono pochi ruderi, si sviluppò il borgo (sec. XIV).
Acquistò importanza sotto la giurisdizione dei Brancaleoni, spodestati dal cardinale Albornoz nel 1358 e riconfermati poi nel loro potere da Papa Bonifacio IX (1392).Nel 1424Lunano passò al conte Guidantonio da Montefeltro.
Attualmente rimangono alcuni ruderi della struttura originaria, consistenti resti di un’alta torre e di mura. Al centro del paese si trova la Chiesa Parrocchiale di stile neoclassico, con un campanile cuspidato.
La parrocchiale dei Santi Cosma e Damiano è costruzione neoclassica del sec. XIX.
Di particolare rilievo è il convento di Monte Illuminato, luogo francescano situato in una collina a m. 451 dove si conservano affreschi dei sec.XV e XVI; In sviluppo nel paese l’industria del mobile, rappresentata da diverse aziende.
Prof. Anna Rita Bossi
MACERATA FELTRIA
Il paesaggio collinare che separa l’alta valle del Foglia da quella del Conca, a 51 km da Pesaro, circondata da campi coltivati e boschi, ospita il centro abitato di Macerata Feltria. La cittadina sorge a 321m. sul livello del mare in una posizione equidistante rispetto ai maggiori centri del Montefeltro: Urbino, S.Marino e S.Leo. L’abitato urbano di M.F. è distinto in castello (sec.XIV) e borgo (sec.XVI).I primi insediamenti delle popolazioni barbariche(probabilmente ghotiche e longobarde) sorsero sui resti del Municipio romano “Pitinum Metaurense”. In seguito alla sua distruzione venne edificato il castello, abitato in un primo momento da famiglie di uomini liberi. Conteso dalle famiglie Malatesta e Montefeltro, fu a lungo possesso del ducato di Urbino. Nei secoli XVI e XVII alcuni vescovi vi posero la loro residenza.
Ai visitatori dell’antico nucleo medioevale del castello, prima di varcarne la porta appare sulla destra la chiesa di San Francesco con portale gotico trecentesco. Oltrepassato l’arco dei Pelasgi ci si trova in una piazzetta sulla quale si affaccia il palazzo del podestà(XI-XII sec.)con un portale gotico che conserva gli stemmi di diverse casate. Sottopassando il portale si arriva alla torre romanica(XII). Sul lato destro della piazza è situata la chiesa gotica di San Giuseppe (sec.XIV) che conserva al suo interno “La Madonna del Rosario” di Scuola baroccesca. E’ da notare anche il palazzo Evangelisti con portale a bugnato di arenaria il cui interno presenta affreschi, camini e stemmi(sec.XVI).
Nella Chiesa parrocchiale di S.Michele Arcangelo, dall’interno neoclassico, è esposto un prezioso crocefisso dipinto da Carlo da Camerino nel 1396. Uscendo dal nucleo storico di Macerata Feltria,è da visitare la Pieve romanica di S. Cassiano in Pitino dell’XI sec. una delle più antiche del Montefeltro che fu eretta utilizzando le strutture preesistenti di un antico tempio dedicato a Saturno. Gli scavi hanno portato alla luce antiche iscrizioni, lapidi, cippi ,monete,tombe e resti di edifici che costituiscono oggi una delle sezioni dell’Antiquarium comprendente anche la sezione paleontologica.
Di notevole interesse è il ritrovamento del “Decumano Massimo”, asse principale delle città risalente al I sec.d.C. Sopra il Decumano sono state ritrovate tombe del XIII-XIV sec., vero e proprio cimitero medioevale. All’interno della Pieve sono conservate opere di valore come “Il martirio di S. Ippolito e Cassiano” del 1700 di scuola marchigiana e la statua di “San Sebastiano” del 1400 di scuola toscana, attribuita a Franceso di Simone Ferrucci. Dal 1995 a Macerata Feltria è presente un Museo Civico con sezione di archeologia pre-Romana, Romana, Medioevale e Rinascimentale, situato nel Palazzo del Podestà (sec.XIII) e sezione di paleontologia ubicata nella “Torre Civica”. Edifici degni di nota sono il convento di S.Chiara, l’oratorio di S.Giuseppe, la chiesa di S.Antonio e i palazzi Mazzoli, Gentili-Belli e Antimi-Clari con relativa cappella gentilizia. Costruzione relativamente moderna (1932) è invece il Teatro “Angelo Battelli” che dispone di una graziosa sala a palchetti.
Macerata Feltria con i suoi 2024 ab. è oggi anche sede delle ‘Pitinum Thermae’, moderno stabilimento termale in cui vengono sfruttate, grazie ad adeguate strutture ricettive, le proprietà terapeutiche delle acque sulfuree che sgorgano a pochi chilometri dall’abitato.
Prof. Anna Rita Bossi
MERCATELLO SUL METAURO
Situato nell’alta valle del Metauro, a 79.2 km dal mare, sulla strada in direzione del passo appenninico di Bocca Trabaria (m.1049) che collega le Marche con la Toscana.
Il primo insediamento risale al tempo degli etruschi. In epoca romana il suo territorio si trovava fra i municipi di Tifernum Mataurense (S.Angelo in Vado) e Tifernum Tiberinum (Città di Castello). Successivamente ha subito le devastazioni dell’epoca barbarica. Sorgeva in questo sito l’antica Pieve di S.Pietro d’Ico che fu donata alla Chiesa romana da Pipino il Breve. In epoca medioevale il luogo acquistò il ruolo di piccolo mercato (da cui il toponimo di Mercatello) dei tronchi d’abete della Massa Trabaria. L’attuale centro abitato, circondato da mura, si costituì a metà del XIII sec.in seguito alla discesa a valle degli abitanti di ben sette castelli del circondario.
Nel 1437, dopo il matrimonio di Gentile Brancaleoni con Federico da Montefeltro, entrò a far parte dei luoghi soggetti al futuro ducato di Urbino. Monumenti: l’antica Collegiata (già pieve di S.Pietro), con annesso Museo di arredi e paramenti sacri; la romanica chiesa di S.Francesco, con annessa la Pinacoteca ove sono riuniti preziosi dipinti su tavola dei secoli XIII e XIV; le Chiese di S.Chiara, di S.Croce e di S.Maria del Metauro, oltre al monastero delle Cappuccine; il Palazzo Gasparini con elegante altana; il Palazzo Ducale; il cosiddetto Palazzaccio e il pittoresco Ponte Romanico a tre arcate sul fiume Metauro.
Un aspetto interessante per chi visita Mercatello consiste non solo nella perfetta conservazione dei monumenti , ma anche dal ricco tessuto dei casolari, degli edifici colonici e dei nuclei e agglomerati più importanti che rendono suggestivi i percorsi rurali e montani.
Prof. Anna Rita Bossi
MERCATINO CONCA
A 275 e a soli 25 Km. dalla costa romagnola, sorge Mercatino conca, il primo paese della media valle del Conca (l’antico Crustumium) che si incontra in provincia di Pesaro. Sviluppatosi al centro della vallata del fiume Conca, in un luogo di transito per S.Marino, Macerata Feltria e Carpegna, è un importante centro commerciale con numerosi e fornitissimi negozi; deve il suo nome al fatto di essere sede di mercatini settimanali e di fiere.
Noto fin dal 1272 come Pian di Castello , fu distrutto nel 1462 da Federico da Montefeltro. Solo alcuni ruderi testimoniano tale passato, essendo il borgo attuale in massima parte costituito da costruzioni moderne. Bacino naturale di raccolta di tutti gli abitanti dell’alta valle fluviale, il paese è caratterizzato dal lungo ponte a cinque arcate che qui attraversa il Conca, saldandone le due sponde.
Il territorio comunale ha una superficie di 14,48Kmq e conta 1082 ab. L’agricoltura è l’attività più praticata nelle frazioni di Pian di Castello(m.504) e Montealtavellio (m.595).
Prof. Anna Rita Bossi
MOMBAROCCIO
Situato lungo il crinale di un colle, l’abitato di Mombaroccio (20 km da Pesaro),interamente circondato da robuste mura scarpate, presenta la caratteristica configurazione a spina di pesce con i maggiori edifici disposti ai lati dell’asse viario centrale.
Le origini di Mombaroccio risalgono al sec.XIII, in seguito all’unione di cinque ‘castelli’ esistenti allora nei dintorni. All’inizio fece parte dei domini della Chiesa, passando poi ai Malatesta del ramo pesarese e, successivamente, agli Sforza e ai Della Rovere. Nel 1543 fu concesso in feudo al marchese Ranieri di Bourbon Del Monte e ai suoi successori che ne mantennero il possesso fino al 1643, quando Mombaroccio tornò in possesso della Chiesa.
Monumenti: la Porta Maggiore (sec. XV), fiancheggiata da due torrioni cilindrici; il palazzo Del Monte, già residenza roveresca; la settecentesca parrocchiale dei Santi Vito e Modesto con interessanti tele di scuola baroccesca; la torre Comunale quattrocentesca al centro della piazzetta, la Chiesa e il convento di S.Marco, sedi di un Museo d’arte sacra e di un Museo della civiltà contadina.
A meno di 2 km dall’abitato, sul colle(m.393),coperto da un bosco di querce, lecci, roveri e castagni, ospita la Chiesa e il convento del Beato Sante, antico romitorio francescano (sec. XIII), rinnovato e modificato fra il XVI e il XVIII secolo.
Il luogo è oggi meta di pellegrinaggi religiosi, gite e visite turistiche anche per le preziose opere d’arte conservate al loro interno.
Prof. Anna Rita Bossi
MONDAVIO
Posto su un colle a 3.4 km da S.Michele al Fiume sulla statale che risale la valle del Cesano, domina il paesaggio con le sue torri e campanili, con la pittoresca cinta muraria scarpata e con la possente rocca roveresca.
All’inizio esisteva soltanto il convento che S.Francesco fece costruire su un terreno che gli era stato donato dalla famiglia Ricci. Nel sec. XIV l’abitato è già un ‘castello’ che, impostosi sui castelli vicini, dando origine ad un vicariato, riconosciuto dal cardinale Egidio Albornoz (1355), poi divenne feudo malatestiano. Nel 1474 fu ceduto da Papa Sisto IV al nipote Giovanni Della Rovere, il quale commissionò a Francesco di Giorgio Martini la costruzione della Rocca Roveresca che ospita oggi un Museo di rievocazione storica e una ricca Armeria.
Successivamente, con il territorio dell’antico vicariato, ampliato fino a comprendere ventiquattro castelli, fu aggregato al ducato di Urbino.
Monumenti: entro la cinta murata, sulla piazza e lungo i caratteristici vicoletti, sorgono il Palazzo Comunale, l’antica Chiesa e convento di S.Francesco, con ampio chiostro ad arcate; la collegiata dei Santi Pietro e Paterniano, ricostruita da Bartolomeo Genga nel sec. XVI e ampliata nel sec. XVIII; il Teatro Apollo, dotato di tre ordini di palchetti con decorazioni d’epoca (sec. XIX).
Una rievocazione storica che da diversi anni richiama numerosi turisti è la cosiddetta ‘Caccia al cinghiale, che si conclude con un ‘Banchetto rinascimentale’, vivacizzato dal ‘Gioco dei nastri’ e dall’esibizione del ‘Gruppo degli arcieri storici’.
Prof. Anna Rita Bossi
MONDOLFO
È situato su un’altura a 1.7 km dal bivio di Cento Croci, disposto lungo la statale cesanense a 7 km da Marotta.
L’antico abitato rimane di grande interesse anche se non é piú visibile l’imponente rocca roveresca, abbattuta nel 1864, che fra il 1477 e il 1490 venne qui eretta da Francesco di Giorgio Martini su già presenti fortificazioni malatestiane. L’opera fu commissionata da Giovanni Della Rovere nel 1474 quando ottenne in feudo Mondolfo da Papa Sisto IV. Le sue origini sono però molto più antiche ,anche se non abbiamo sicure notizie. Nel 1347 apparteneva a Galeotto Malatesta. Fra sollevazioni e repressioni varie fu occupata da Cesare Borgia prima e da Lorenzo De’ Medici poi. Fu infine aggregata al territorio del ducato di Urbino fino alla sua devoluzione alla Chiesa nel 1631.
Monumenti: all’interno della superstite cinta muraria è la parrocchiale di S.Giustina, risalente al sec. XIII, ma rifatta nel sec. XVIII; la Chiesa e convento di S.Agostino, di origini trecentesche, e ricostruito tra il 1585 e il 1593: la chiesa merita una visita per i numerosi interessanti dipinti che ne ornano gli altari, facendone una piccola pinacoteca; la chiesa e il convento francescano di S.Sebastiano, eretti nel sec. XVI e rinnovati nel sec. XVIII; l’antica chiesa di S.Gervasio (sec. V o VI) che conserva nella cripta un bel sarcofago di tipo ravennate del sec. VI. Sul luogo sorgeva un tempo l’insediamento romano di Pirum Philumeni di cui affiorano talvolta i resti durante la lavorazione dei campi.
È compreso nel territorio comunale di Mondolfo il centro balneare di Marotta, che può ospitare un consistente numero di turisti.
Prof. Anna Rita Bossi